L?infedeltà all?azienda costa il licenziamento

di Teresa Barone

17 Maggio 2013 11:00

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La definizione di fedeltà all?azienda e le sanzioni ai danni dei dipendenti che violano i doveri di correttezza nei confronti del datore di lavoro.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce la spinosa questione del licenziamento per infedeltà all’azienda, sottolineando l’importanza dei doveri di correttezza e buona fede da parte di un dipendente nei confronti del proprio datore di lavoro.

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La Suprema Corte ha infatti decretato la legittimità del licenziamento per giusta causa di un dipendente con mansioni di ufficiale di riscossione preposto alla notifica delle cartelle esattoriali, allontanato dall’azienda a causa di un comportamento ritenuto illegittimo, vale a dire la comunicazione ai debitori delle strategie più efficaci per opporsi all’esecuzione.

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Una condotta che di fato viola il rapporto di fiducia instaurato tra dipendente e datore di lavoro, causando il licenziamento del primo per giusta causa.

La sentenza n. 10959 del 9 maggio 2013 afferma infatti che le azioni compiute dall’ufficiale di riscossione sono «rivelatrici di un comportamento del dipendente che violava i doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto, così giustificandone la risoluzione».

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Ecco i doveri del lavoratore secondo i giudici della Suprema Corte:

«La prestazione attiene all’esercizio di una funzione delicata, quale quella dell’ufficiale di riscossione di tributi e si svolge in diretto contatto con i soggetti tenuti all’adempimento di obbligazioni connesse ad un pubblico interesse, al lavoratore è richiesto un comportamento improntato ad una particolare correttezza e trasparenza nell’esecuzione della prestazione.»