La tempistica del licenziamento disciplinare

di Teresa Barone

4 Marzo 2014 10:00

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Il licenziamento disciplinare è legittimo solo se tempestivo: il dipendente deve poter esercitare il diritto di difesa.

In caso di licenziamento disciplinare il principio dell’immediatezza è fondamentale, pertanto qualsiasi provvedimento intrapreso a distanza di tre mesi dalla conoscenza di fatti non può essere ritenuto legittimo.

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Lo sottolinea una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione in data 28 febbraio (n. 4724), dalla quale si apprende come l’immediatezza della contestazione nei confronti dell’operato di un lavoratore sia determinante per poter avviare una pratica di licenziamento disciplinare, al fine di consentire allo stesso dipendente di esercitare il diritto di difesa.

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La sentenza riguarda, nello specifico, la dichiarazione di illegittimità del licenziamento di un dipendente bancario con l’obbligo, da parte dell’istituto di credito, di reintegrare il lavoratore e di risarcirgli il danno «commisurato alle retribuzioni globali di fatto dal recesso alla reintegra». La contestazione disciplinare inviata al dipendente riporta infatti la data del 12 gennaio 2004, tuttavia si riferisce all’esito di una ispezione effettuata tra il 17 giungo e il 19 luglio 2003:

«Correttamente la Corte del merito ha ritenuto in violazione del principio di tempestività e quindi tardiva la contestazione disciplinare inviata dal Dipartimento Risorse Umane e pervenuta al D.C. soltanto il 12.1.2004, quando il verbale ispettivo era stato ultimato il 19.9.2003 ed era pervenuto alla Direzione Generale il 2.10.2003. Ed invero, posto che l’ispezione era iniziata il 17.6.2003, non poteva ritenersi giustificata una contestazione effettuata dopo un lasso di tempo non idoneo a garantire un’efficace esplicazione del diritto di difesa dell’interessato, in considerazione dell’epoca risalente di commissione dei fatti addebitati.»

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