È legittimo licenziare un dirigente d’azienda che contesta le direttive del suo capogruppo ponendosi in una posizione di contrasto nei confronti dei vertici: lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza 6110/2014.
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La decisione ha infatti respinto la richiesta di reintegro e di risarcimento dei danni avanzata da un dirigente licenziato dall’azienda per aver manifestato un «atteggiamento di radicale opposizione alle gerarchie e direttive aziendali e di messa in discussione della posizione e del ruolo della nostra società all’interno del Gruppo.»
Un licenziamento non sorretto da giusta causa ma tuttavia giustificato secondo quanto deciso dalla Suprema Corte, che ha respinto le richieste del dirigente fatta eccezione per la domanda relativa al diritto all’indennità di preavviso.
La Cassazione, in sintesi, afferma quindi che un dirigente può essere licenziato anche solo per aver replicato in modo opposi torio a una delibera aziendale, una ragione ritenuta sufficiente per incrinare il rapporto di fiducia tra questa figura e l’azienda stessa.
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Il licenziamento può essere deciso per qualsiasi motivo purché «Possa costituire la base per una motivazione coerente è sorretta da apprezzabili sul piano del diritto, a fronte del quale non è necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del licenziamento in quanto riferito a circostanze idonee a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui ambito rientra l’ampiezza dei poteri attribuiti al dirigente.»