A partire dal 1 aprile scatta l’introduzione dei nuovi limiti relativi ai compensi dei top manager pubblici, secondo quanto previsto dal Decreto n. 166 del 24 dicembre 2013 che impone un tetto massimo invalicabile agli stipendi dei vertici della PA.
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Gli stipendi dei super manager delle società pubbliche non quotate e controllate dal Ministero dell’Economia non potranno superare la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, pari a circa 311mila euro per quanto concerne il 2014.
Secondo quanto stabilito dal Tesoro, inoltre, i nuovi limiti non toccano le società quotate (Enel, Eni, Finmeccanica, Ferrovie, Cdp e Poste), per le quali il Decreto del Fare aveva già previsto tagli ai compensi degli amministratori pari al 25% in occasione delle nomine dei nuovi vertici.
Il Decreto 166, invece, introduce un principio di proporzionalità per stabilire le retribuzioni concesse ai manager, definite sulla base di precisi parametri e stabilite tenendo conto di una apposita tabella che riporta tre fasce retributive (rilevate indicando il valore della produzione, gli investimenti e il numero di dipendenti).
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Uno schema che prevede tre nuovi limiti di stipendio, pari rispettivamente a 311mila euro, 248mila euro e 155mila euro a seconda che gli amministratori siano operativi all’interno di aziende appartenenti alla prima, alla seconda o alla terza fascia (nel primo caso il top manager può percepire il 100% dello stipendio incassato dal Primo presidente della Cassazione, nel secondo caso l’80% e nel terzo gradino il 50%).