Una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione chiarisce in quali casi gli episodi di mobbing sul lavoro possono essere assimilati ai reati di maltrattamenti in famiglia.
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Non sempre, infatti, un comportamento vessatorio compiuto ai danni di un lavoratore può essere trattato e punito come se fosse un caso di maltrattamento avvenuto all’interno del nucleo familiare: secondo quanto affermato con la sentenza 18832/14, è possibile fare riferimento a questo reato solo se il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente assume una natura para-familiare.
La sentenza è stata emessa relativamente al caso di una datore di lavoro accusato di “maltrattamento contro familiari” da parte di una dipendente, un legame che non è stato riconosciuto dalla Suprema Corte. Una decisione motivata dal fatto che la lavoratrice non operava a stretto contatto con il capo, essendo dislocata in una sede secondaria dell’azienda.
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Secondo la Cassazione, infatti, il rapporto tra capo e dipendente assume una natura para-familiare solo se caratterizzato da relazioni abituali e frequenti, dalla condivisione di consuetudini di vita e da «una situazione di soggezione di una parte nei confronti dell’altra.»