Durante i primi cinque mesi dall’entrata in vigore della normativa sul Tfr, che prevede la possibilità di inserirlo in busta paga, solo lo 0,83% dei lavoratori ha scelto di aderire a questa opzione facendo liquidare il Trattamento di Fine Rapporto attraverso il compenso mensile.
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Una percentuale resa nota dai Consulenti del lavoro, che sottolineano come siano in molti (il 62% degli interpellati) a ritenere la tassazione ordinaria eccessivamente sfavorente.
Il 2015 ha visto aumentare notevolmente, invece, le richieste di anticipazione del Tfr maturato da parte di lavoratori con almeno 8 anni di anzianità: una scelta che sembra essere maggiormente favorevole perché l’anticipo concesso prevede una tassazione separata.
Come affermano i Consulenti:
«I dati dimostrano che le famiglie hanno comunque bisogno di liquidità derivante dalla crisi economica e dalle difficoltà di accedere al credito bancario. È evidente che in alternativa alla liquidazione del Tfr di un periodo futuro fino a giugno 2018 con forti penalizzazioni, il lavoratore preferisca richiedere una parte del Tfr accantonato in azienda o presso i fondi pensione.»
Sebbene l’anticipo del Tfr possa essere accordato solo in casi particolari (per avviare l’acquisto di una abitazioni, per spese mediche o di ristrutturazione), i datori di lavoro possono concederlo anche per ragioni che esulano da quelle previste dalla legge:
«L’aumento delle richieste – ha ribadito il presidente della Fondazione Studi Rosario De Luca – deriva anche dal fatto che è comunque consentito, aldilà delle condizioni di legge, al lavoratore e al datore di lavoro trovare un accordo tramite il quale superare i vincoli indicati e erogare quindi il Tfr in anticipo.»
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