Il rapporto di lavoro si basa sulla fiducia e correttezza tra datore di lavoro e dipendente, nel caso in cui tutto questo viene a mancare le consegueze sono presenti sia per il datore che per i lavoratore.
Licenziamento disciplinare
Nel caso in cui si parla di comportamenti scorretti da parte del lavoratore, il datore di lavoro può richiamare tramite contestazioni il dipendente recidivo. Il problema da non sottovalutare è il numero dei richiami, la conseguenza grave per un dipendente è infatti il licenziamento. Con una sentenza del 2015 la Cassazione aveva parzialmente chiarito la situazione, chiarendo che si può mandare a casa il lavoratore che commette numerose violazioni disciplinari, specificando che si parla anche di violazioni divise tra loro, anche se ognuna di esse, singolarmente presa, non riveste la gravità tale da giustificare il licenziamento. Nella sentenza non si parlava specificatamente di numeri, punto chiarito nel 2016 con una sentenza della Suprema Corte con un chiarimento specifico sul numero preciso di infrazioni che fanno scattare il licenziamento per recidiva.
La tempistica del licenziamento disciplinare
Il posto di lavoro si perde a partire dalla quarta mancanza, all’interno dello stesso anno, per la quale sia prevista la sospensione. L’azienda dovrà allora contestare la nuova specifica mancanza precisando che la stessa realizza la recidiva oltre la terza volta nell’anno solare rispetto a tre mancanze precedenti e solo allora potrà intimare il licenziamento, sempre che non decida di irrogare una sanzione diversa. Nello specifico secondo la Cassazione, che ha analizzato il contratto collettivo del settore terziario, il licenziamento è irrogabile dopo la quarta contestazione infra-annuale per la quale sia prevista la sospensione. In questi casi è legittimo il licenziamento in tronco, ossia quello senza preavviso, poiché irrogato per una giusta causa.
Fonte: Shuttestock