Il carattere consolatorio dell’autoinganno

di Fabrizio Pestarino

12 Ottobre 2009 09:00

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Nella vita lavorativa del manager capita spesso di dover rifiutare di accettare o elaborare informazioni sgradite o che sono vissute come tali. Nel rapporto con i collaboratori è utile supporto ad incentivi e riconoscimenti

Ci si persuade a credere determinate cose pur sapendo che sono di dubbia provenienza o addirittura palesemente false. Per quanto possa sembrare strano è un atteggiamento che dà ottimi risultati. Il carattere orgoglioso ha più evidentemente bisogno della propria dose di autoinganno rispetto altri.

Chi si sente bene con sè stesso a prescindere che corrisponda o no con la realtà, tende a ottenere di più da sé e dagli altri. Si tratta di persone che sono più confidenti nei propri valori e per questo si assumono più rischi anche in nome di presunte capacità valutate oltre la media, hanno una predisposizione a influenzare la lealtà negli impegni altrui e di conseguenza la fedeltà nel perseguire gli obiettivi del gruppo, realistici o meno che siano.

L’autoinganno protegge anche contro la distrazione in quanto meccanismo contro preoccupazioni, negligenze e perdita di concentrazione. Si riesce ad elaborare nuove strategie per superare indenni le difficoltà spesso perchè ignoriamo che gli altri ci osservano, ci valutano e giudicandoci spesso ci biasimano. Situazione insopportabile? No, se vissuta come connaturata ad una posizione, spesso di leader, che suscita attenzione e stima ma anche invidia, incredulità e propensione al contrasto.

Anche verso gli altri l’autoinganno ha i suoi effetti spesso stravolgendo le “aspettative razionali” che crediamo governino la percezione del mondo ed è uno dei fattori più importanti per comprendere il funzionamento degli incentivi: le persone sono davvero convinte che “tutto ruoti attorno a sé” e il farglielo credere può essere un utile contraccambio per impegno, dedizione e sforzi profusi.

Quasi tutte le cose che ci riguardano non le facciamo in quanto fini a sè stesse, ma perché abbiamo imparato ad apprezzare il processo dell’impegno regolare e dell’autodisciplina; quindi ci illudiamo di pensare che teniamo in conto il fine più di quanto sia in realtà. La chiave per vivere bene nella vita, come in azienda è mantenere l’autoinganno come stabilizzatore generale, ma saperlo superare in modo selettivo per problemi specifici: quando pensiamo che il nostro lavoro è importante siamo contenti e lavoriamo meglio; i piccoli cambiamenti negli incentivi possono fare la differenza nelle nostre convinzioni e nei risultati.

Dovremmo sforzarci di illuderci meno nelle faccende di cruciale importanza, conservando invece il nostro entusiasmo per la vita.