Il progetto di ricerca “Motivazione del personale per il miglioramento della qualità: verso un approccio europeo” ha preso le mosse nell’ambito dell’attività del CNR Ceris (Istituto di ricerca per l’impresa e lo sviluppo). Suo obiettivo è l’identificazione ed elaborazione di una via europea allo sviluppo organizzativo che permetta la realizzazione di processi etici di cambiamento socio-economico.
In questo tentativo, che ha coinvolto un numero ampio di studiosi e di esperti, emerge una visione secondo cui persona e organizzazione non vanno concepite come entità indipendenti ed in contrapposizione ma in un’ottica dinamica di continua evoluzione sinergica e di co-creazione.
Un altro aspetto importante è l’utilizzo della metodologia ricerca-azione che non si limita ad esaminare a distanza e dall’esterno il contesto nel quale opera, ma mette in moto dinamiche di soluzione dei problemi. La trasformazione è un’opera collettiva «durante la quale si apprende facendo e si diviene agendo».
L’iter e i risultati raggiunti sono stati ricostruiti nel libro di Erica Rizziato, ricercatrice del CNR e responsabile del progetto, “Etica dello sviluppo organizzativo e senso del lavoro”. Abbiamo intervistato l’autrice del volume per avere una migliore messa a fuoco e comprensione della genesi e dei punti qualificanti della ricerca.
Come e perché nasce il progetto del CNR Ceris?
Nasce perché si è preso atto dei limiti dei programmi di cambiamento organizzativo comunemente utilizzati, nei quali spesso la demotivazione dei lavoratori diventa ostacolo allo sviluppo. Si è voluto quindi ricercare un approccio al cambiamento che partisse dalla motivazione e coinvolgimento delle persone. A tal fine si sono analizzati gli aspetti critici dei modelli comunemente utilizzati, spesso di origine americana e giapponese.
A che criticità ti riferisci?
Faccio qualche esempio. Spesso i responsabili dell’organizzazione non riescono ad essere elemento di sintesi della complessità organizzativa, lavorano in logiche di management (gerarchia e sistemi) senza integrare logiche di leadership (persone e cultura) perdendo il legame con le realtà fondanti dell’organizzazione (clienti e personale). Oppure, si lavora su domande astratte, non ben definite all’inizio: il cambiamento non risponde ad effettive esigenze del cliente ma ad ottimizzazioni e/o razionalizzazioni interne.
Ci sono delle esperienze-guida e dei contributi che avete preso in considerazione nel panorama europeo?
Si sono identificate come prassi interessanti da analizzare, in sintonia con la cultura europea, caratterizzata dal dare particolare rilevanza alle ricadute sociali dell’agire collettivo, l’approccio di Adriano Olivetti in Italia e quello di B.C.J. Lievegoed in Olanda. Caratterizza tali due approcci l’ottica evolutiva dell’organizzazione e delle persone, il forte orientamento dell’identità dell’organizzazione sul suo prodotto/servizio che ne è la ragion d’essere sociale e la sperimentalità nell’introdurre i cambiamenti coinvolgendo le persone in una visione multidisciplinare e generativa del nuovo, collegando lo sviluppo delle persone a quella dell’organizzazione; in tal senso si vengono a creare delle comunità lavorative.
Ma qual è il percorso per realizzare questa nuova visione?
È necessario riportare le organizzazioni alla visione del cliente, ossia fin dai livelli dirigenziali proponiamo di creare una “comunità orizzontale di responsabilità” volta a guardare i processi organizzativi fuori dall’ottica funzionale, con una forte concentrazione su come il cliente impatta nell’organizzazione e su quali criticità ne derivano; si chiede poi ai responsabili di identificare persone idonee a promuovere e gestire il cambiamento, che chiameremo “proprietari di processo”; tali persone lavoreranno secondo quello che definiamo “processo antropocentrico di sviluppo”, che rende le persone non delle “risorse umane” come altre del sistema organizzativo, ma l’elemento integratore della complessità e quindi attore diretto del cambiamento.
Avete già sperimentato sul campo? E quali esiti ha prodotto l’applicazione di questo metodo?
Dal progetto CNR Ceris è partita una sperimentazione di tre anni con esperti esterni che ha portato alla costituzione dell’Associazione Motiva, che tuttora collabora con il Ceris CNR. Le sperimentazioni sono state fatte in ambito del privato , pubblico, no profit e nello sviluppo locale. Dalle sperimentazioni sono derivate delle metodologie specifiche ispirate all’approccio messo a fuoco nel progetto, proponendo nuove idee nella formazione (la formazione-sviluppo), nello sviluppo locale, nel placement e nell’orientamento lavorativo. I risultati dell’intero percorso verranno presentati il 3 maggio nel sede del CNR di Roma (Piazzale Aldo Moro).