Holiday blues, ovvero “sindrome da rientro”

di Fabrizia Ventura

1 Settembre 2010 08:00

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Dallo standby psicologico al malessere del ritorno al lavoro che si manifesta per il 50% dei vacanzieri

Complice il sole, le vacanze estive hanno come prerogativa il non pensare più alla quotidianità costellata da pressanti carichi di lavoro, impegni e problemi da risolvere. Tutto viene rimandato a settembre, in una sorta di standby psicologico che risulta fisiologico per la psiche.

La fine delle vacanze coincide con una sorta di autoanalisi, un momento di riflessione dopo la parentesi estiva che pone l’individuo in una nuova prospettiva nei confronti della quotidianità. Contraddistinguono questa fase: grinta, voglia di fare ciò che non si è mai fatto e di migliorare per raggiungere i propri obiettivi.

Il problema è che questa nuova determinazione non deriva da un processo psicologico interno di elaborazione, bensì dall’aver vissuto il benessere momentaneo delle vacanze. Si tratta pertanto di una carica momentanea destinata ad esaurirsi molto velocemente, quando si riprende a pieno il ritmo lavorativo. Ecco allora che si inizia a vivere l’impossibilità della realizzazione dei buoni propositi estivi e tutto si traduce nel sentirsi nuovamente parte di una realtà poco gratificante e dalla quale non si vede via d’uscita.

Un disagio che prende il nome di “sindrome da rientro” e che si manifesta con disturbi come nervosismo, agitazione, affaticamento, preoccupazione, svogliatezza. Gli americani la chiamano “holiday blues” e non va confusa con la depressione stagionale. Una sindrome largamente diffusa visti i risultati dei recenti studi che contano una percentuale di vacanzieri colpiti pari al 50%.

I soggetti a rischio sembrerebbero essere i vacanzieri insoddisfatti, ovvero chi ha posto nelle proprie ferie grandi aspettative, considerandole la soluzione a tutti i problemi accumulati nell’anno. Ma il tempo è troppo poco e spesso il luogo scelto deludente.

E se al rientro si verificasse anche una difficoltà di ricordare e gestire le normali pratiche lavorative? Niente paura trattasi di una temporanea amnesia circa i molteplici schemi mentali acquisiti per gestire quotidianità e realtà lavorativa. Questo a causa del fisiologico “wash out”, disattivazione e cancellazione da parte del cervello di alcuni passaggi mnemonici, in concomitanza di un periodo di non utilizzo e per poter agevolare il riposo.

Cosa fare? Ecco alcuni consigli per ritornare al lavoro con maggiore serenità ed evitare il prolungarsi di questi disturbi.

  1. Prima di rientrare a lavoro, se possibile, concedersi almeno un paio di giorni di decompressione casalinga affinché la mente si abitui lentamente al quotidiano con un sano relax nelle mura domestiche.
  2. Mantenere le buone abitudini acquisite nel periodo estivo come una sana e abbondante colazione, passeggiate, sport e cura di se stessi.
  3. Complice la buona stagione e la nostra bella penisola, concedersi ancora qualche fine settimana in giro alla scoperta di mete a breve raggio.
  4. Porsi obiettivi facili da raggiungere e concentrarsi inizialmente su programmi a breve scadenza per evitare delusioni e sentirsi inadeguati.

Pochi semplici accorgimenti per iniziare un nuovo anno lavorativo, e se può essere d’aiuto pensare anche alle prossime vacanze… quelle di Natale!