Le aziende italiane non valorizzano le risorse umane presenti nel paese, soprattutto per quanto concerne il lavoro giovanile e femminile. Le conseguenze, tra disoccupazione e tasso di donne occupate inferiore alla media europea, sono messe in evidenza dal primo rapporto sul “Benessere equo e sostenibile” (Bes) elaborato da Cnel e Istat.
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Uno spreco di risorse umane – aggravato dalla crisi economica – caratterizza quindi la penisola, dove il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro delle donne supera di cinque punti la media europea, ragion per cui le esponenti del sesso debole con figli a carico hanno il 30% di possibilità in meno di trovare un lavoro rispetto a una collega non ancora mamma.
«Il tasso di occupazione e quello di mancata partecipazione al lavoro, già tra i più critici dell’Unione europea a 27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica. »
Così si legge nel rapporto, che informa sul brusco calo del tasso di occupazione tra il 2008 e il 2011, con il passaggio dal 63% al 61,2% nella fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Conseguenze della crisi sono anche la mancanza di stabilità occupazionale e la crescita di contratti a termine, mentre sale notevolmente la percentuale di lavoratori che svolgono attività “inferiori” rispetto al livello di istruzione, segno evidente di come anche i lavoratori qualificati stiano vivendo una forte instabilità.
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Dopo la Spagna, l’Italia è inoltre il paese europeo con il livello più elevato di disoccupazione giovanile, tasto dolente che si affianca al grave ritardo inerente la partecipazione femminile al lavoro e alle difficoltà di conciliazione lavoro-famiglia.