Lo stress test diventa una componente sempre più indispensabile durante i colloqui di lavoro, nel corso dei quali i recruiters valutano la capacità del candidato di sopportare la tensione dando comunque il meglio di sé.
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Secondo una ricerca condotta dal Servizio Placement dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ed effettuata su un campione di aziende a livello internazionale, il 21% dei responsabili delle risorse umane ricorre alla “stressed interview” affiancando questa strategia innovativa ai classici test di logica e di personalità.
È sempre il 21% delle aziende a sottolineare l’importanza di valutare le competenze linguistiche dell’aspirante neo assunto effettuando il colloquio in lingua straniera, mentre il 71% delle società coinvolte nell’indagine cestina all’istante un curriculum vitae privo di autorizzazione per il trattamento dei dati personali.
La ricerca illustra anche la classifica delle qualità più apprezzate nei candidati: se la flessibilità è al primo posto, seguita dalla capacità di problem solving, al terzo posto compaiono le competenze comunicativo-relazionali. Non ha molte chance di assunzione, invece, il candidato che mostra di avere una scarsa conoscenza dell’azienda, così come colui che risponde alle domande usando monosillabi e si presenta davanti al suo recruiter mostrando un look poco curato.
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