Far incontrare generazioni diverse, far sì che si confrontino e crescano insieme, questo dovrebbe essere l’obiettivo delle aziende più innovative. Ma in Italia la Human Cooperation ancora non è così sviluppata come dovrebbe.
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A fare il punto della situazione è stato il meeting “Human Cooperation nella vita dell’azienda. Prospettive convergenti tra generazioni, imprese e terzo settore”, organizzato dall’associazione Valore D. I presenti hanno sfatato qualche mito e proposte nuove visioni. In particolare Alessandro Rosina, a proposito dei Millennials, li ha definiti «Connected, Confident, open to Changes, Collaborativi e non individualisti. Il dibattito pubblico è spesso falsato. Le ricerche dimostrano che all’aumentare di investimenti in politiche attive e nella ricerca e sviluppo, diminuiscono i giovani che dipendono economicamente dai genitori. Questo dimostra che i giovani italiani, se diamo loro gli strumenti giusti, sono disposti a mettersi in gioco».
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Si tratta quindi di attuare politiche aziendali che puntino allo scambio non solo generazionale, ma anche tra realtà diverse per sesso, razza e religione. Giacomo Costa SJ, Direttore di Aggiornamenti Sociali, partner dell’iniziativa ha aggiunto «l’iniziativa di oggi, e in particolare il tema della Human Cooperation, rappresenta la proposta per una nuova cultura aziendale, attenta ai bisogni e alla valorizzazione del talento di ognuno, in cui il dialogo tra generi e generazioni crea una maggiore consapevolezza della professionalità propria e altrui, producendo una naturale apertura verso la collaborazione e un clima di benessere aziendale, ispirato anche alle esperienze del terzo settore».
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Il cambiamento deve venire dall’alto, grazie al contributo di manager capaci di sviluppare un modello di leadership innovativo, proiettato verso una cooperazione attiva tra talenti tesa a creare una nuova cultura aziendale.