Non è insolito che un dipendente arrivi in ritardo sul posto di lavoro. Le motivazioni sono molteplici e spesso si tratta della conseguenza di abitudini scorrette più che di inconvenienti e imprevisti.
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Ma quali sono le scuse addotte più frequentemente dai lavoratori? E qual è la reazione dei datori di lavoro? Un sondaggio promosso da CareerBuilder, condotto su un campione di manager delle risorse umane, fa luce sull’argomento sottolineando come la percentuale di lavoratori che arriva tardi in ufficio almeno una volta al mese sia in aumento rispetto all’anno scorso.
Se a impedire di arrivare in orario è spesso il traffico (per quasi la metà degli intervistati), anche il non aver sentito la sveglia e il maltempo sono spesso tirati in ballo per giustificare un ritardo, rispettivamente dal 32% e 26% degli interpellati.
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Dal punto di vista del 30% dei datori di lavoro il ritardo è tollerabile solo se occasionale: un buon 18%, inoltre, ammette di accettare anche ritardi frequenti a patto che i lavoratori siano in grado di recuperare il tempo perso.
Esiste anche il rovescio della medaglia, infatti oltre il 40% degli intervistati ha affermato di aver allontanato dall’azienda i dipendenti ritardatari cronici.
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