Le Partite IVA, tra lavoratori autonomi, artigiani, esercenti, piccoli commercianti e liberi professionisti rappresentano la categoria professionale più colpita dal Covid. Oggi all’appello mancano 321 mila lavoratori, tanto che l’Ufficio studi della CGIA segnala il passaggio da 5.194.000 unità a febbraio 2020 fino a 4.873.000 unità relative allo scorso dicembre.
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Un trend opposto rispetto all’andamento che caratterizza il lavoro dipendente nel periodo di pandemia, sebbene le persone con un contratto a tempo indeterminato siano diminuite di 98 mila unità. Secondo la CGIA, inoltre, la contrazione del numero dei lavoratori autonomi è iniziata molto prima dall’avvento del Covid.La prima parte del 2021 ha visto un leggero recupero, tuttavia a dicembre il numero di Partite IVA si è attestato al livello più basso mai raggiunto prima.
Tra le cause figurano le limitazioni alla mobilità, il calo dei consumi, le tasse e l’impennata del costo degli affitti, tutte circostanze che hanno costretto molte Partite IVA a chiudere definitivamente l’attività. Anche il caro energia ha avuto un peso rilevante negli ultimi mesi, con il rincaro delle bollette di luce e gas. Non hanno giovato ai piccoli artigiani e commercianti, inoltre, le politiche commerciali della grande distribuzione organizzata e il boom delle vendite online.
Quali sono le strategie da mettere in atto per tentare una inversione di tendenza? Oltre ad abbassare le tasse, rilanciare i consumi e semplificare la burocrazia, secondo la CGIA è necessario rivalutare finalmente il lavoro manuale in controtendenza alla svalutazione che si è verificata negli ultimi 40anni.
Bisogna fare una vera e propria rivoluzione per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo colpevolmente di perdere.