Le società fra professionisti possono essere anche società benefit. Lo chiarisce l’Ordine dei Commercialisti, riferendosi ai propri iscritti, attraverso un parere che può rappresentare un punto di riferimento anche per altre attività professionali. L’indicazione è contenuta in una risposta a specifico quesito, fornita dal presidente Massimo Miani. Non si rilevano ostacoli «a che la STP possa assumere anche la qualifica di società benefit, costituendosi sin dall’inizio come STP società benefit, ovvero modificando il proprio atto costitutivo successivamente». Quindi è possibile sia costituirsi come STP – SB fin dall’inizio, sia diventarlo dopo.
Le società benefit, lo ricordiamo, integrano obiettivi di sostenibilità, in termini di impatto positivo su persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali, e hanno precise regole di trasparenza e responsabilità. Si tratta di una forma societaria regolamentata dai commi 376-384 della legge 208/2015, che in questo caso si dovrà coordinare con le regole dell’articolo 10, commi 3-11, della legge 183/2011, che disciplina la costituzione delle STP (denominazione o ragione sociale secondo le modalità di legge, maggioranze secondo criteri che garantiscano la prevalenza dei soci professionisti nelle deliberazioni o decisioni dei soci, esclusività dell’oggetto sociale, copertura assicurativa, assenza di cause di incompatibilità dei soci).
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Se la STP vuole connotarsi anche come società benefit, deve prevedere nel suo atto costitutivo l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci. A questi requisiti, si andranno ad aggiungere quelli individuati nella disciplina descritta nei commi 376 – 384 dell’art. 1 della legge 208/2015, con riferimento ai profili dell’operatività, trasparenza e pubblicità dell’attività della società benefit, che «non configura un nuovo modello societario o una specifica forma giuridica; piuttosto, la destinazione dell’attività alla finalità di beneficio comune sembra comportare la “codificazione” di una qualifica per l’ente societario».
- Sotto il profilo operativo, la qualifica è subordinata «al perseguimento di una o più finalità di beneficio comune in ambito sociale, ambientale, culturale e/o di pubblica utilità, beneficio identificato in “uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi” nei confronti di una o più categorie di soggetti individuati nell’alveo dei propri stakeholder». I requisiti di trasparenza previsti per le società benefit andranno necessariamente coordinati con quelli fissati per le STP dalla legge 183/2011.
- La società benefit può introdurre accanto alla denominazione sociale (o alla ragione sociale) le parole “società benefit” o l’abbreviazione “SB” e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni rivolte ai terzi. Quindi, nel caso in esame, la denominazione deve contenere l’indicazione di società tra professionisti (STP) e, preferibilmente, anche l’indicazione di società benefit o l’abbreviazione SB per le evidenziate motivazioni di trasparenza.
- Nell’oggetto sociale della società, oltre all’imprescindibile indicazione dell’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale esercitata dai soci professionisti della STP, andranno indicate le finalità di beneficio comune perseguite. L’elencazione di queste attività dovrà essere dettagliata, vanno individuati i soggetti beneficiari.
- Il responsabile o i responsabili dell’impatto positivo previsto dalla società benefit possono coincidere con funzioni preesistenti all’interno dell’organizzazione societaria (in particolare con l’organo di amministrazione), ovvero con consulenti esterni alla società, in possesso di specifiche competenze.
- Quanto agli obblighi di trasparenza, lo statuto della STP dovrà necessariamente prevedere una clausola che li espliciti, imponendo all’organo di amministrazione la redazione della relazione annuale particolareggiata attinente al perseguimento del beneficio comune da allegare al bilancio.
- L’Ordine non ha doveri di controllo in relazione al rispetto dei requisiti di società benefit, che restano in capo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che per legge ha i poteri sanzionatori nei confronti delle società che abbiano utilizzato la denominazione di società benefit senza concretamente perseguire il beneficio comune.