Con Risposta a specifico interpello (la n. 274 del 26 agosto), l’Agenzia delle Entrate ha fatto il punto sugli incentivi previsti per i ricercatori italiani all’estero che decidono di spostare in patria la residenza fiscale per svolgervi la propria attività per un datore di lavoro italiano.
Con l’interpello si chiarisce che l’attività di ricerca o docenza in Italia può essere svolta indifferentemente presso università, centro di ricerca, impresa o ente che dispongano di strutture organizzative finalizzate alla ricerca ( cfr. circolare n 22/2004).
Si considerano residenti in Italia (con qualifica anche ai fini fiscali) le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 negli anni bisestili) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente oppure che hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile (cfr.: art.2 del TUIR).
=> Rientro dei cervelli, agevolazioni potenziate
Il beneficio per il “rientro dei cervelli in fuga” consiste nella detassazione al 90% della retribuzione per attività di lavoro dipendente o autonomo, che è riservato al ricercatore in possesso del titolo di studio universitario o equiparato purché sia stato residente all’estero non occasionalmente, svolgendovi attività documentata di ricerca o docenza per almeno due anni consecutivi.
L’agevolazione spetta a partire dal periodo di imposta 2020 e nei cinque anni successivi se permane la residenza in Italia. L’agevolazione è estesa per dieci anni se si hanno due figli minorenni o comunque a carico, anche affidatari in attesa di adozione.