Spesso l’implementazione dello smart working in azienda è auspicata dai dipendenti a tutti i livelli come una soluzione a favore del miglioramento del proprio work-life balance, vale a dire del bilanciamento della dimensione personale e della dimensione professionale delle proprie vite. Mantenere un corretto equilibrio aiuta a ridurre il livello di stress sul posto di lavoro, migliora il livello della motivazione e previene il rischio di burnout (inteso come un livello di stress molto elevato che può provocare grave malessere fisico ed emotivo).
Se è vero che lo smart working supporta il lavoratore nella conciliazione vita-lavoro, agendo come facilitatore di una serie di aspetti collegati soprattutto alla dimensione familiare, non bisogna però trascurare il fatto che anche i worker corrono il rischio di burnout, soprattutto se il lavoro agile è portato avanti per un periodo temporale particolarmente lungo, come capitato nel corso degli ultimi mesi.
Come fare ad evitare che lo smart working si trasformi da aiutante magico a nemico insidioso? Qui di seguito sono riassunti i punti chiave che secondo Seedble, pioniera dello Smart Working già dal 2012, possono aiutare i worker in questa delicata missione.
Gestire opportunamente il proprio tempo
Quando si tratta di dividere equamente le giornate tra lavoro e vita privata, diventa fondamentale organizzare il proprio tempo per ottenere la massima produttività nelle ore dedicate al lavoro, in modo tale da evitare di impegnarsi oltre l’orario prestabilito sottraendo ore preziose a sé stessi e alla famiglia. Il primo passo è definire le proprie priorità su base giornaliera, organizzando la propria agenda di conseguenza. Bisogna, quindi, gestire correttamente il proprio tempo di lavoro, dando il giusto peso alle pause.
Esistono diversi strumenti e metodologie che ci possono aiutare in tal senso, come ad esempio la Pomodoro technique. In più, evitare il più possibile le distrazioni è fondamentale non solo per ridurre il livello di errore del task, ma soprattutto per ottimizzare i tempi: gli studi evidenziano che per riprendere la concentrazione su un task complesso, si necessita di tempi che vanno dai 15 ai 25 minuti.
Lavorare per obiettivi
Avvicinarsi allo Smart Working significa anche spostare l’attenzione dal controllo della presenza alla supervisione degli obiettivi. Il cambio di paradigma spinge, inevitabilmente, a cambiare approccio, pianificare e organizzare il lavoro. La definizione degli obiettivi facilita la gestione del lavoro, aiuta la concentrazione e la produttività, cosa tanto scontata da dire quanto complessa da applicare.
Un valido aiuto può darlo la metodologia OKR (Objective – Key Results): manager e collaboratori condividono e lavorano definendo gli obiettivi e i risultati chiave da raggiungere rendendoli possibili, misurabili, delimitati nella quantità e nel tempo. Ogni worker diventa gradualmente proprietario del proprio lavoro, autonomo e responsabile, ma è un processo che richiede del tempo e, soprattutto, la capacità del manager di coinvolgere i collaboratori nella definizione degli obiettivi seguendo un approccio partecipativo e inclusivo.
Creare una postazione di lavoro efficace
Quando si lavora a casa, in un coworking o all’aria aperta o nell’ufficio stesso, è importante disporre di una postazione di lavoro funzionale che supporti la prestazione lavorativa. Gli uffici acquisiscono nuove configurazioni per garantire lavori di concentrazione, collaborazione o più di natura creativa. L’aspetto ergonomico non è da sottovalutare, soprattutto quando si è a casa: il comfort influisce sulla produttività del lavoro. Le soluzioni per l’home office di sicuro avranno un particolare sviluppo nel prossimo periodo: ricreare un ambiente confortevole e organizzato favorisce la concentrazione, tenendo ordinati anche i pensieri.
Allenare le soft skills
Nella misura in cui lo smart worker guadagna autonomia e responsabilità, deve anche essere in grado di attivare l’automotivazione, ovvero di conoscere ed attivare le leve interiori che lo spingono all’azione e al conseguimento dei propri obiettivi.
Allo stesso tempo, praticare l’autodisciplina è fondamentale per imparare a gestire le interruzioni e le tante possibili fonti di distrazione. Ad esempio, potrebbe essere utile impostare la modalità silenziosa sul proprio smartphone, differenziando le notifiche per le comunicazioni importanti; vestirsi e curarsi come per andare in ufficio per ricordare a sé stessi di essere in modalità “work” e non in modalità “pigiamone”; chiarire ai propri familiari che lavorare da casa non significa essere sempre disponibili per commissioni o lavori domestici.
Valutare nuove soluzioni di welfare
Le soluzioni di welfare aziendale sono un esempio di azione messa in campo dalle organizzazioni per migliorare il work-life balance delle proprie persone. Se il paradigma del lavoro si modifica, indirizzandosi verso una logica di smart working, il welfare aziendale dovrebbe seguire la traiettoria di questo cambiamento.
Quando il centro di gravità della propria vita non è più (principalmente) l’ufficio, soluzioni di welfare quali i buoni pasto o l’automobile aziendale non hanno più lo stesso peso sul piatto della bilancia. Migliorare il work-life balance in un contesto di smart working significa, allora, poter accedere a soluzioni di welfare aziendale che tengano conto delle specifiche necessità della vita di un worker, come ad esempio il bonus babysitter, che aiuta a conciliare il lavoro in modalità smart con le esigenze familiari.
Esercitare il diritto alla disconnessione
Se, da un lato, lo smart working garantisce la flessibilizzazione dei tempi e degli spazi della prestazione lavorativa, dall’altro porta con sé il rischio di rimanere sempre connessi con il lavoro. Ma attenzione: lavorare secondo il paradigma dello Smart Working non significa essere sempre reperibili.
Da questo punto di vista, alla base dell’implementazione di un progetto di lavoro agile vi devono essere due ingredienti fondamentali: fiducia e trasparenza. Se è vero che il criterio del tempo cede il passo al criterio del risultato nella valutazione del lavoro individuale, è fondamentale che il management riponga fiducia nelle modalità con cui il lavoratore riterrà di conseguire gli obiettivi concordati, intuendo quando il worker ha bisogno di staccare dal lavoro e di distrarsi. D’altro canto, spetta al lavoratore di comunicare in maniera trasparente le eventuali difficoltà nel coniugare efficacemente esigenze personali e professionali, chiedendo che venga rimesso in discussione il carico di lavoro o ridefinendone le priorità.
Laddove non si riesca ad instaurare un clima di fiducia e di reciprocità, è comunque possibile per il worker appellarsi al diritto alla disconnessione, in base al quale ogni lavoratore gode del diritto all’irreperibilità, ovvero del diritto a staccare la spina dal proprio lavoro per concedersi del tempo libero. In questi casi estremi, la disconnessione diventa il principale meccanismo di difesa dai rischi insiti in un eccesso di connettività, tra cui fenomeni di burnout, distrazione, ridotta produttività, tensioni familiari, incapacità di riflettere e ponderare.
Naturalmente, mantenere un work-life balance corretto in un contesto di smart working richiede che il percorso di crescita del singolo worker si inserisca efficacemente nel più ampio percorso di implementazione del progetto smart working avviato dalla sua organizzazione. Per supportare le esigenze informative di entrambi gli attori di questo processo, Seedble ha voluto raccogliere in 16 appuntamenti il mondo dello Smart Working a 360°, rendendo il tutto disponibile sul portale interamente dedicato a questo tema: Exploring Smart Working.