In base al Dpcm del 22 marzo 2020, operativo da lunedì 23 marzo, i professionisti iscritti agli ordini possono proseguire l’attività, come in tutti gli altri casi adottando lo smart working dove possibile, in alternativa adottando tutte le precauzioni atte limitare il rischio di contagio da Coronvirus.
Come indicato nell’Allegato 1 al decreto, per queste attività professionali non sono previste limitazioni, diversamente da quanto invece è stato disposto a livello locale in alcune regioni: in Piemonte sarebbe consentita la prosecuzione dell’attività limitatamente all’erogazione dei servizi essenziali ed indifferibili; in Lombardia per i servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza.
In realtà, il disposto dell’Ordinanza regionale viene superato da quanto stabilito dal Dpcm che, avendo carattere nazionale, prevale sulle disposizioni regionali.
Ricordiamo che il Decreto Cura Italia non ha previsto tutele specifiche per i professionisti iscritti in ordini e albi, demandando al Fondo di ultima istanza la definizione e quantificazione di un indennizzo specifico, da attuarsi tramite appositi provvedimenti da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore del Decreto stesso.
Da qui l’appello del Comitato Unitario delle Professioni e della Rete delle Professioni Tecniche, affinché si faccia chiarezza sulle modalità di applicazione dell’art.44 del D.L. 18/2020 ma anche sulla possibilità per le Casse previdenziali di intervenire in materia utilizzando risorse proprie.
Sullo sfondo, la richiesta di rinvio o sospensione di adempimenti e scadenze che tuttora restano in vigore, come ad esempio la Certificazione Unica dovuta entro il 31 marzo. Tra le richieste, anche quella di intervenire sulla Dichiarazione dei Redditi Precompilata e sullo sblocco della compensazione dei crediti per le imposte dirette.