L’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano tiene sotto controllo da anni l’adozione del lavoro da remoto da parte di grandi aziende, pubbliche amministrazioni e piccole e medie imprese, analizzandone vantaggi, svantaggi e relative perplessità.
L’ultimo resoconto appare particolarmente interessante, perché da un lato dimostra maggiore consapevolezza ma dall’altro svela che alla teoria non segue la pratica.
In particolare, le iniziative strutturate che rendono possibile lo smart working sono il 58% nella grandi aziende ma solo il 16% nelle pubbliche amministrazioni e appena il 12% nelle PMI di cui, nel 50% dei casi, ha deciso di farlo per per migliorare il benessere organizzativo e a seguire (26%) per la ricaduta positiva sui processi aziendali. Tuttavia, tra le PMI è il 51% a dichiararsi addirittura disinteressato all’argomento.
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In due anni, la percentuale di adozione tra le PMI è cresciuta appena del 5%.
Di contro, grandi aziende e pubbliche amministrazioni concordano, con il 78%, che il vantaggio più evidente sta nel maggiore equilibrio tra vita privata e lavoro, e in particolare le grandi aziende pensano che lo smart working possa attrarre talenti e migliorare l’engagement.
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Per quanto riguarda i maggiori ostacoli, PMI e pubbliche amministrazioni credono che lo smart working non possa essere applicato alla propria realtà, rispettivamente nel 68% e nel 43% dei casi. Il freno maggiore per le grandi aziende è invece la resistenza dei capi.
Come ha spiegato Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio:
er praticare davvero lo Smart working occorre superare l’associazione che sia solo lavoro da remoto, ma interpretarlo come un percorso di trasformazione dell’organizzazione e della modalità di vivere il lavoro da parte delle persone.