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Medici italiani in fuga all’estero

di Anna Fabi

Pubblicato 6 Maggio 2019
Aggiornato 28 Maggio 2019 09:28

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Retribuzioni, meritocrazia, turni: cosa spinge i camici bianchi italiani a fare carriera all’estero, mentre in Italia si arriva al paradosso.

La percentuale di medici italiani che espatriano per lavorare all’estero è la più alta in Europa: i camici bianchi che si formano in Italia e successivamente emigrano rappresentano il 52% del totale, mentre in seconda posizione si collocano i colleghi tedeschi (19%).

Sono dati resi noti dalla Commissione UE, che ha sottolineato come la regione che vanta il maggior numero di medici italiani attivi all’estero sia il Veneto: a espatriare, infatti, sono ogni anno 80 professionisti sui 1500.

Ad attirare i camici bianchi all’estero sono più meritocrazia, migliori prospettive di carriera, stipendi elevati, assenza di turni massacranti, meno tasse per chi lavora intramoenia.

A rappresentare un territorio appetibile per i medici italiani sono gli Emirati Arabi, dove l’offerta lavorativa comprende una retribuzione variabile tra 14 e 20mila euro mensili, l’abitazione, la scuola, assistenza, autista e interprete. Ad aprire le porte ai medici specialisti italiani sono anche Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Germania, Belgio e Olanda.

La situazione italiana è paradossale – afferma il segretario nazionale del sindacato Anaao Assomed Carlo Palermo -: da una parte alcune regioni decidono di assumere neolaureati, medici in pensione o specialisti dalla Romania perché nelle corsie c’è carenza di medici.

Dall’altra ci sono 10mila medici specializzati in attesa di chiamata, e altri 6mila che stanno frequentando l’ultimo anno di specializzazione ma nessuno li assume per via del blocco del turn over e del contratto fermo da dieci anni. In tanti vanno via, anche per fare la specializzazione visto che da noi non ci sono borse di studio sufficienti.