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Formazione manageriale: trend e previsioni

di Anna Fabi

4 Aprile 2019 09:10

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Quali percorsi deve prevedere la formazione manageriale? Quanto deve durare? La parola ai vertici aziendali.

Crescono gli investimenti delle aziende nella formazione manageriale, una priorità per i vertici d’impresa soprattutto in contesti lavorativi in cui l’innovazione organizzativa e digitale impone un aggiornamento continuo delle competenze.

A fare luce sul sentiment e sul tempo dedicato è una recente indagine dell’Osservatorio Managerial Learning condotta da ASFOR e CFMT. Nel 2018 sono state destinate alla formazione mediamente 6,4 giornate, il 20% in più rispetto al 2017. Le previsioni sono ottimistiche: il tempo destinato al perfezionamento delle capacità individuali potrebbe superare il 62% entro il 2022.

La richiesta di aggiornamento professionale riguarda in misura crescente: Strategia, Change Management, Digital Mindset, Leadership e Soft Skills. Secondo direttori generali e amministratori delegati, è importante che un progetto di formazione venga inserito direttamente nei piani aziendali di sviluppo.  Come afferma Pietro Luigi Giacomon, Presidente di CFMT:

Rileviamo una maggiore richiesta di formazione vicina ai problemi reali.

Se è vero che sta cambiando la cultura aziendale (il management si fa sempre più spesso promotore dell’investimento in formazione), è anche vero che è il manager stesso a doversi attivare, a cercare nuovi stimoli, a misurarsi con nuovi problemi e progetti concreti.

Le modalità di apprendimento più significative, secondo gli intervistati, sono gli scambi e i confronti con colleghi, clienti o consulenti, ma anche la risoluzione di problemi complessi, i progetti di innovazione oltre a workshop e corsi interaziendali.

La formazione tradizionale, quindi, dovrebbe essere affiancata da altre forme di apprendimento come coaching e mentoring, master organizzati dall’azienda presso enti di formazione specifici, business school, corsi interaziendali di breve durata e focus group su temi specifici. Permane ancora un certo scetticismo, infine, riguardo l’efficacia del digital learning non integrato con altri percorsi.