In Italia si amplia la forbice tra la formazione dei giovani e le esigenze concrete che emergono dal mercato del lavoro. Un divario che colloca il Paese al terzo posto nella classifica delle nazioni con il più elevato skill gap, dopo Corea del Sud e Inghilterra ma anche Irlanda del Nord. Lo evidenzia il report New Skills at Work stilato da da J.P. Morgan e Bocconi, al termine di un’analisi triennale che mostra come l’Italia vanti la più bassa percentuale di laureati in Europa.
I nostri laureati, tra l’altro, si caratterizzano per un tasso di disoccupazione molto vicino a quello dei diplomati. Se in Germania, ad esempio, prevalgono i laureati in informatica, ingegneria, economia e management, in Italia sono più numerosi i laureati in scienze sociali e in discipline artistiche e umanistiche.
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Secondo il rapporto, infatti, osservando il percorso lavorativo dei laureati di una grande città italiana fino a 25 anni dopo la laurea, gli ambiti formativi che rendono di più sono: economia e management, giurisprudenza, medicina e ingegneria.
Focalizzando l’attenzione sugli imprenditori, emerge che nella penisola un livello di istruzione alzato corrisponde spesso a una carriera in un settore avanzato. I titolari di impresa con qualifiche elevate, inoltre, sono in grado di retribuire i loro dipendenti il 6,9% in più dei colleghi che vantano un livello di formazione più basso.