Licenziamento: le particolarità per il dirigente

di Rosanna Marchegiani

5 Giugno 2009 06:30

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Nei confronti dei dirigenti non sono applicabili le norme relative al licenziamento per giusta causa. Tuttavia, il potere di recesso del datore di lavoro è limitato

Il licenziamento del lavoratore che riveste la qualifica dirigenziale è disciplinato essenzialmente dalle norme contenute nel Codice Civile ed in particolare dall’art. 2118, che regola il recesso dal contratto a tempo indeterminato e dall’art. 2119, che disciplina il recesso per giusta causa.

L’art. 2118 del Codice civile stabilisce che «ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro».

L’art. 2119 recita «ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda».

In sostanza ai dirigenti non si applica la disciplina che limita il potere di recesso del datore di lavoro e che subordina il licenziamento alla presenza di una giusta causa o di uno giustificato motivo. Alle norme del Codice civile, vanno aggiunte quelle contenute dalla contrattazione collettiva di categoria che hanno cercato di limitare possibili licenziamenti immotivati introducendo l’obbligo, per il datore di lavoro, di accompagnare il recesso con una motivazione contestuale.

Il potere di recesso del datore di lavoro è limitato, nel caso dei dirigenti, dalla giustificatezza dello stesso. Nessun contratto collettivo, però, fornisce una definizione di giustificatezza pertanto tale espressione deve essere intesa nel senso che, il licenziamento da parte del datore di lavoro deve essere privo di arbitrarietà. Si può ritenere ammissibile il licenziamento del dirigente nel caso in cui ragioni organizzative comportino la soppressione della posizione ricoperta o in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi aziendali. Il licenziamento è altresì ammissibile in caso di mancanze del dirigente o di una sua inadeguatezza rispetto alle aspettative aziendali o qualora il suo comportamento si allontani dalle direttive ricevute dal datore di lavoro.

Invece, il licenziamento si può ritenere illegittimo qualora esso sia fondato su un motivo pretestuoso o abbia il solo intento di liberarsi della persona del dirigente o ancora quando il dirigente si rifiuta di alterare il bilancio della società compiendo irregolarità contabili e fiscali. In caso di assenza di giustificatezza del licenziamento, essendo esclusa la possibilità di reintegrazione del posto di lavoro, spetta al dirigente licenziato un’indennità supplementare di mancato preavviso nella misura prevista dal contratto collettivo applicabile. In genere tale indennità va da un minimo dell’indennità di mancato preavviso ad un massimo di 18-22 mensilità da corrispondersi a titolo di risarcimento del danno.

Il licenziamento deve essere comunicato al dirigente in forma scritta con contestuale indicazione della sua motivazione. La diversa disciplina dell’istituto del recesso del contratto a tempo indeterminato dei dirigenti rispetto agli altri lavoratori dipendenti sarebbe giustificata dal particolare vincolo fiduciario che lega il datore di lavoro al dirigente, tanto che quest’ultimo rappresenta una sorta di alter ego dell’imprenditore e lo rappresenta sia all’interno dell’azienda stessa che nei rapporti con i terzi.

Tuttavia la giurisprudenza più recente tende a distinguere tra:

  • dirigente apicale, il dirigente vero e proprio che ha potere decisionale ed è in grado di influenzare la vita aziendale;
  • pseudo-dirigente, o dirigente meramente convenzionale, che pur avendo specifiche competenze e la responsabilità di un ramo aziendale non è in grado di influenzare la vita aziendale.

Soltanto i dirigenti apicali sarebbero esclusi dall’applicazione delle norme relative ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.