Consiglia, analizza, ma, soprattutto, progetta soluzioni tecnico-finanziarie legate al risparmio energetico. Si tratta del responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’Energia, meglio conosciuto come Energy Manager. Figura poco nota nel variegato universo del management, esiste in Italia già dal 1991, con la legge 10, che la istituzionalizza all’interno di enti ed imprese portate a consumare grandi quantità di energia. Soggetti obbligati ad assumere l’Energy Manager, a pena di sanzione, le imprese industriali che consumano 10.000 tep di energia all’anno (consumi energetici equivalenti a tonnellate di petrolio); Enti Pubblici e soggetti del Terziario che consumano 1000 tep annui, che corrispondono a circa 1,2 milioni di metri cubi di gas naturale o 4,5 milioni di kwh.
Un comune di 10 mila abitanti che consuma 1000 tep di energia, ha una spesa energetica annua di 1 milione di euro. Cifre vertiginose che solo un esperto in materia di gestione energetica può riuscire ad abbattere. L’assunzione del manager dell’energia è però obbligatoria solo in Italia e Romania, mentre è volontaria in altri stati. In America, l’energy manager inizia a lavorare negli anni della grande crisi energetica ( 1973), con l’incarico di gestire i costi energetici dell’impresa. Gli EM operanti in Italia sono circa 2.650 di cui 500, responsabili di aziende locali. Nel 2008 gli Energy Manager assunti dalla Pubblica Amministrazione sono stati 170: 118 nei Comuni; 51 nelle Province; 4 nelle Regioni.
Tra gli enti obbligati ad avere in organico Energy Manager, anche università ed ospedali. Ma cosa fa esattamente un Energy Manager? Lo spiega lo stesso articolo 19 della legge 10/91: «I responsabili per la conservazione e l’uso razionale dell’energia individuano le azioni, gli interventi, le procedure e quanto altro necessario per promuovere l’uso razionale dell’energia, assicurano la predisposizione di bilanci energetici, predispongono i dati energetici relativi alle proprie strutture o imprese». L’EM deve anche essere in grado di consigliare l’ente o l’azienda per cui lavora sulla scelta più adeguata della fonte di approvvigionamento energetico, valutando la fattibilità del progetto che l’ente vuole realizzare, predisponendo progetti contrattuali con i soggetti fornitori di energia, valutando gli interventi da realizzare sul patrimonio edilizio per ottenere un risparmio dei consumi energetici.
L’EM, allo stato attuale, è però solo una figura di supporto all’ente che lo ha nominato, e non ha poteri decisionali, dunque, possiamo definirlo “un dirigente a metà”, che per saper bene operare, deve comunque possedere adeguate conoscenze tecniche in campo energetico, ottime capacità di analisi economica-finanziaria ed eccellenti capacità di comunicazione. Non esiste un percorso formativo univoco ed imposto per legge, per diventare un Energy Manager, ma oltre ad una laurea ad indirizzo ingegneristico o architettonico, è utile abbinare master e corsi di formazione. I più qualificanti vengono organizzati dalla Federazione Italiana per l’uso razionale dell’energia, un’organizzazione tecnico scientifica no-profit, autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico a promuovere il ruolo degli EM ed a ricevere le istanze di nomina degli stessi, da parte dei soggetti obbligati. L’Energy Manager può essere assunto come dipendente o come consulente esterno. Nel primo caso percepirà una retribuzione rapportata alla qualifica di assunzione, nel secondo, il compenso sarà deciso con il committente.
Non esiste ancora un albo per questa figura professionale, (anche se è possibile ottenere una certificazione delle competenze acquisite). E nemmeno un tariffario. Una proposta di tariffazione dei compensi era stata realizzata negli anni 90 dall’Ordine degli Ingegneri di Roma che prevedeva una retribuzione a tot per ogni tep di energia consumato ogni anno dal soggetto obbligato ad assumere.