Nel contratto di lavoro dei dirigenti spesso viene inserita la cosiddetta clausola di durata minima garantita o di permanenza minima. Con essa le parti si impegnano a non esercitare la facoltà di recesso per un certo periodo di tempo. Qualora tale accordo sia stabilito successivamente rispetto alla stipula del contratto si parla più propriamente di patto di stabilità.
La clausola in esame, apposta nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, è estremamente frequente nel rapporto di lavoro dei dirigenti. Essa può essere posta:
- a favore del dipendente, in questa ipotesi il datore di lavoro si impegna a non licenziarlo entro il tempo concordato salvo il caso di gravi inadempimenti. In genere questo tipo di clausola è presente nel caso di assunzione di dirigenti di alto livello che lasciano un posto di prestigio, perdendo anche la loro anzianità di servizio, e intendono, per tanto, tutelarsi in qualche maniera;
- a favore del datore di lavoro, per cui il dipendente si impegna a non dimettersi per il tempo concordato. E’ questa un’ipotesi che ricorre quando il datore di lavoro vuole legare a sé un dirigente. In questo caso può essere previsto un corrispettivo a favore del dipendente a fronte dell’impegno assunto di restare in azienda per almeno il lasso di tempo minimo concordato;
- a favore di entrambi, per cui il datore di lavoro non può procedere al licenziamento e il dipendente non può dimettersi per il periodo stabilito.
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In caso di violazione del patto, le conseguenze sono diverse a seconda del soggetto che non rispetta l’accordo. In caso di licenziamento da parte del datore di lavoro durante il periodo di vigenza della clausola, al dirigente spetta un risarcimento che sarà proporzionato alle retribuzioni non ricevute per il periodo che va dalla data del licenziamento alla data di scadenza dell’impegno alla stabilità. Mentre, qualora sia il dirigente a dimettersi prima della scadenza del periodo di durata minima, al datore di lavoro spetta il risarcimento del danno. In genere lo stesso contratto di lavoro o l’atto successivo con cui si fissa il patto di stabilità, prevede la misura della penale dovuta dal dirigente inadempiente.
In passato si è discusso sulla validità della clausola di durata minima a favore del datore di lavoro prospettando la possibilità che venissero coinvolti dei diritti indisponibili del datore di lavoro.
Tale tesi è stata disconosciuta dalla sentenza della Corte di Cassazione n.17817 del 2005 secondo la quale il lavoratore
può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell’ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, per cui non contrasta con alcuna norma imperativa o principio dell’ordinamento giuridico la clausola con cui vengono previsti limiti all’esercizio di detta facoltà, stabilendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l’ipotesi di dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima.