Weidmann alla Bundesbank, Draghi verso la Bce

di Anna Fabi

Pubblicato 17 Febbraio 2011
Aggiornato 2 Febbraio 2021 22:27

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L'avvincendamento alla guida della banca centrale di Berlino allontana l'ipotesi di un tedesco alla Bce, a vantaggio del governatore di Bankitalia.

Si chiude, con la nomina di Jens Weidmann, il capitolo relativo alla successione ai vertici della Bundesbank, la banca centrale tedesca. Ma resta aperto quello sul cambio della guardia al top della Bce, l’istituto centrale europeo. E quella che fino a pochi giorni or sono veniva considerata un pò da tutti gli osservatori internazionali una partita fra Italia e Germania ora vede la bilancia pendere sempre più nettamente a favore della Penisola, con Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, in pole position. La vicenda è entrata nel vivo nelle scorse settimane quando Axel Weber ha annunciato le proprie dimissioni da numero uno della Bundesbank. Il banchiere, che insieme a Draghi era considerato il più probabile successore di Jean Claude Trichet, con le sue dimissioni dalla banca centrale tedesca ha di fatto rinunciato anche alla possibile guida della Bce.

Ma il primo effetto è stato quello di porre urgentemente nell’agenda del cancelliere tedesco Angela Merkel la questione della nomina di un nuovo banchiere centrale tedesco. E la scelta è caduta su Jens Weidmann, che con i suoi 42 anni sarà il governatore più giovane della storia dell’istituto. Un altro fatto di rilievo, perchè senza precedenti, riguarda la sua vice, Sabine Lautenschlager-Peiter, la prima donna che entra nel consiglio della banca (qui, nell’ottica della sfida Italia-Germania, si potrebbe aprire una parentesi: Bankitalia è arrivata prima, da circa tre anni ha una donna nel board, Anna Maria Tarantola).

Weidmann dal 2006 era il consigliere economico di Angela Merkel, che per fugare qualsiasi dubbio sull’indipendenza della Bundesbank dalle politiche del governo ha subito definito il banchiere uomo con “competenze professionali eccellenti, un intelletto brillante e una mente indipendente“. Del resto, quando venne chiamato a Berlino Weidmann arrivava proprio dalla Bundesbank, dove dal 2003 al 2006 ha guidato il dipartimento analisi di politica monetaria. Quest’ultima è una pò la sua materia (cosa fondamentale per un banchiere centrale): dopo la laurea in Germania, si è specializzato in Francia ed è tornato in patria per conseguire un dottorato proprio in politica monetaria, fra l’altro avendo fra i suoi professori lo stesso Weber. A completare il profilo internazionale, c’è anche un’esperienza al Fondo Monetario Internazionale.

I riflessi di questa nomina per la corsa alla successione di Trichet sono stati negli ultimi giorni sottolineati un pò da tutti: la Germania sembra abbandonare l’ipotesi di avanzare una propria candidatura. Anche perché ha già un consigliere nel board di Francoforte, Julien Stark, al quale a questo punto di aggiungerà Weidmann, e due persone in consiglio rappresentano già una presenza notevole, che appunto portano ad escludere la possibilità di correre anche per la presidenza.

E qui si inserisce Mario Draghi. Il suo nome è ufficialmente sostenuto dal governo italiano, e intorno a lui sembra esserci un ampio consenso internazionale. Nei giorni scorsi a suo favore si è espresso il Financial Times, con un editoriale di Wolfang Muenchau intitolato “La Bce ha bisogno di Draghi”, secondo cui il numero uno di Via Nazionale, nonchè presidente del Financial Stability Board, è l’unico, “fra i candidati di cui si discute” a rispondere “ai criteri minimi” necessari per guidare l’istituto di Francoforte: economista esperto, con profonda conoscenza del sistema finanziario internazionale, abituato a trattate con la politica.

Un sondaggio effettuato da Reuters dopo la rinuncia di Weber ha visto 29 economisti su 45 esprimersi a suo favore. E c’è stato persino un pubblico attestato di stima dalla Germania, da parte dell’ex ministro delle Finanze Peer Steinbruck, il quale in un’intervista a Die Zeit ha sottolineato che Draghi appartiene alla “tradizione della scuola italiana come Tommaso Padoa Schioppa e Mario Monti”, un “gruppo di specialisti con una formazione davvero eccellente sul piano economico, che si trovano a proprio agio nel mondo della finanza”.