Per fonti del diritto si intendono gli atti o i fatti dai quali discendono le norme giuridiche che regolano la vita e il comportamento dei cittadini facenti parte di uno stesso ordinamento. Le fonti del diritto, essendo molteplici, presentano una loro gerarchia, espressione con la quale si intende la “preminenza che una fonte ha rispetto ad un’altra”. In linea generale la gerarchia delle fonti è la seguente: costituzione, leggi e atti aventi forza di legge, leggi regionali, regolamenti, usi e consuetudini.
Nell’ambito del diritto del lavoro, cioè di quel complesso di norme che regolano il rapporto di lavoro e che tutelano i diritti fondamentali del lavoratore, questa classificazione non rappresenta a pieno la complessità di un ramo dell’ordinamento giuridico che si è sviluppato in modo piuttosto autonomo dato che le parti tra le quali si stipula il rapporto di lavoro (datore di lavoro e lavoratore dipendente) non dispongono dello stesso “potere contrattuale”. Non a caso, in materia di lavoro, si è soliti parlare di legislazione speciale. Così, nella disciplina dei rapporti di lavoro, un ruolo fondamentale hanno i contratti collettivi e i contratti individuali di lavoro.
Proprio per le ragioni appena viste, nel diritto del lavoro, quando una fonte è gerarchicamente superiore rispetto ad un’altra, si applica la regola secondo la quale la fonte di livello inferiore può derogare a quella superiore se essa dispone in senso più favorevole per il lavoratore.
Quindi, ad esempio, il contratto individuale di lavoro, che regola il rapporto tra il singolo datore di lavoro e il singolo lavoratore dipendente può contenere disposizioni più favorevoli per il dipendente rispetto a quelle previste nel contratto collettivo che viene stipulato a livello nazionale tra i sindacati dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro.
Nell’ambito del lavoro dirigenziale capita sovente che il contratto individuale contenga disposizioni più favorevoli per il dipendente rispetto al contratto collettivo.
In particolare il contratto individuale viene spesso impiegato per prevedere delle voci retribuitve aggiuntive rispetto a quelle regolate dalla contrattazione collettiva. In questi casi è bene che il contratto individuale contenga indicazioni precise circa i casi di spettanza e le modalità di calcolo. Ad esempio, se si tratta di somme di importo variabile, è bene che siano definiti con chiarezza i parametri di riferimento.
In questi casi il contratto individuale dovrà anche precisare se le maggiori retribuzioni siano o meno assorbibili. Infatti, la regola generale prevede che le maggiori retribuzioni spettanti, rispetto a quelle fissate dalla contrattazione collettiva siano assorbibili in caso di successivi aumenti dei minimi sindacali, con eccezione del caso in cui il contratto stabilisca espressamente che la maggiore retribuzione debba essere conservata anche in tale eventualità.