Non è assolutamente confortevole la situazione italiana fotografata da Istat tramite il nuovo rapporto annuale appena condiviso. I salari sono fermi da anni, il potere d’acquisto delle famiglie italiane è crollato, è allarme lavoro soprattutto tra i giovani e in generale, per questi ultimi, il quadro non è di certo ottimistico.
Scendendo nel particolare, l’Istat spiega che i salari reali sono rimasti bloccati in Italia negli ultimi 20 anni: “Tra il 1993 e il 2011, le retribuzioni contrattuali mostrano, in termini reali, una variazione nulla, mentre per quelle di fatto si rileva una crescita di quattro decimi di punto l’anno”.
Spiega il rapporto che negli ultimi vent’anni, la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più sostenuti del loro reddito disponibile, determinando una riduzione progressiva della capacità di risparmio. È questo un dato ancora più negativo se si considera la situazione retributiva appena evidenziata.
Nel 2011 l’incidenza dei precari sul complesso del lavoro subordinato è al top dal 1993: da questo anno al 2011, gli occupati dipendenti a termine “sono cresciuti del 48,4% (+751 mila unità) a fronte del +13,8% registrato per l’occupazione dipendente complessiva. Nel 2011 l’incidenza del lavoro temporaneo sul complesso del lavoro subordinato è pari al 13,4%, il valore più elevato dal 1993; supera il 35% (quasi il doppio del 1993) fra i 18-29enni”.
La discesa dell’occupazione a tempo pieno e a tempo indeterminato (-105 mila unità pari allo 0,6%) prosegue, mentre è cresciuta quella a tempo parziale e indeterminato, che ha segnato un 2,3% in più, attestandosi a quota +63 mila.
Questo aumento, secondo l’Istat, è dovuto “esclusivamente dai lavoratori che hanno accettato un lavoro a orario ridotto non riuscendo a trovarne uno a tempo pieno (dal 42,7% del 2010 al 46,8 del 2011). Sono aumentati i contratti a tempo determinato e di collaborazione (+5,3% pari a 136 mila unità), concentrati prevalentemente nelle posizioni alle dipendenze. Come già avvenuto nel 2010, è aumentato soprattutto il numero di contratti di breve durata: quelli fino a 6 mesi sono cresciuti dell’8,8% (+83 mila unità), mentre è diminuito quello dei contratti con durata superiore all’anno (-32 mila unità)”.