È sempre più numeroso il numero di quei manager che stanno decidendo di passare dal settore privato a quello pubblico. Nonostante si è ancora indietro rispetto ad altri paesi nel resto del mondo, qualche passo in avanti lo si è notato. Lo afferma Nicolò Boggian, advisor public sector di Michael Page.
«Siamo ancora indietro rispetto agli obiettivi di efficienza che dovrebbero caratterizzare la Pubblica Amministrazione, ma qualche passo in avanti c’è», spiega Boggian, il quale ha citato come esempi il Comune di Milano, «che nel recente passato ha chiesto ad alcune società di cacciatori di teste di contribuire a selezionare il city manager» e il Comune di Genova, «che ha affidato a società esterne la valutazione dei candidati per posizioni apicali».
In particolare viene segnalato un crescente ricorso al mercato per cercare figure professionali adeguate al settore amministrativo. Si parla di progect manager It e analisti funzionali – figure difficili da reperire con i concorsi – e responsabili della gestione di budget e acquisti. Alex Turrini della Sda sottolinea come «tra i partecipanti ai corsi ci sono numerosi dirigenti provenienti da grandi multinazionali e animati dalla volontà di spendere le proprie competenza al servizio della collettività. Altre volte la possibilità di conciliare, soprattutto se donne, tempi e ritmi di lavoro e familiari o un senso di responsabilità civile ereditato dai genitori (spesso a loro volta dipendenti pubblici)».
Insomma la scelta di cambiare e passare dal privato al pubblico può derivare da diversi fattori. Magari perché si è stanchi delle difficoltà che stanno colpendo le industrie italiane, o magari per una semplice scelta, o ancora per rimettersi in gioco in un ambiente con meno pressioni sui risultati di breve termine, tant’è che il numero dei dirigenti che compiono questa scelta sta notevolmente crescendo.
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