Lavoro a tinte nere

di Chiara Basciano

4 Marzo 2014 13:00

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Dati preoccupanti per quanto riguarda il lavoro sommerso

L’aumento della disoccupazione non tende a bloccarsi, con percentuali in costante crescita, soprattutto per quanto riguarda il numero di quanti non cercano neanche più un lavoro.

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Eppure il lavoro in nero continua la sua inesorabile ascesa, come certificato dall’Istat. I dati registrano un aumento del lavoro sommerso soprattutto nelle regioni meridionali, arrivando al 30,9% della Calabria, laddove la media si attesta sul 20,9%. Seguono Molise e Sardegna, rispettivamente con il 24,6% e il 22,9%. Provincia autonoma di Bolzano e Lombardia sono in netta controtendenza, con valori molto più bassi rispetto al resto d’Italia, 7,0% per la prima e 7,1% per la seconda.

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Molte differenze si notano tra i diversi settori lavorativi, infatti agricoltura, commercio, pubblici esercizi ed edilizia sono gli ambiti in cui il lavoro in nero prolifera maggiormente. I dati Istat si riferiscono al 2012, anno che ha registrato un nuovo aumento del fenomeno, dopo che sembrava essersi momentaneamente arrestato.

L’esercito dei lavoratori in nero è principalmente costituito dagli stranieri non residenti e non regolari, come i clandestini, tutti i lavoratori che svolgono un “doppio lavoro”, vale a dire gli impieghi che si aggiungono al principale e che non vengono dichiarati al fisco, inoltre gli studenti, le casalinghe o i pensionati con occupazioni occasionali, fatte per “arrotondare” e non legalmente dichiarate.