Spesso si pongono paragoni azzeccati tra lo sport e il mondo dei manager. Questo perché serve lo stesso tipo di tenacia. Ma anche perché la formazione deve essere in entrambe i casi continua. Il coaching per esempio è presente in tutti e due gli ambiti.
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Come esiste l’allenatore per lo sportivo è bene che il manager abbia il suo proprio coach. Il ruolo del coach essenzialmente è quello di fornire un feedback delle prestazioni del manager, aiutandolo a pianificare il suo sviluppo in modo da migliorarne le competenze. Per essere un buon coach non c’è bisogno di essere un esperto nel campo, è sufficiente voler aiutare qualcuno a raggiungere obiettivi di alto livello.
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Di solito il rapporto tra coach e manager viene strutturato focalizzandosi su aree di miglioramento ed intraprendendo sessioni di training. Ma il coach deve creare anche un rapporto empatico col il manager che allena, incoraggiandolo nei momenti di maggiore difficoltà. In alcuni casi il lavoro del coach invece è necessario in ambienti di lavoro con difficoltà da risolvere, in questo caso lo sguardo deve essere più largo. Con il supporto del coach si possono tentare nuove strade ed affrontare anche quelle più rischiose. Questo significa convincere i lavoratori a riflettere sulle proprie esperienze, trovare il modo di imparare dagli altri, sfidare se stessi e imparare a fare cose nuove.
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La sua funzione di supporto può essere fondamentale in contesti che non riescono ad evolversi o a manager che sentono troppo il peso delle loro responsabilità. Un po’ allenatore sportivo, un po’ psicologo, il coach ha mille applicazioni. Ogni contesto può sfruttarne le potenzialità in maniera diversa.
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