Il mobbing è un problema presente sul mondo del lavoro, ecco quando è possibile richiedere il risarcimento.
Combattere il mobbing
Si parla di mobbing verso un lavoratore quando un collega o il capo porta il lavoratore verso uno stato emotivo critico, che spesso riduce a chiedere spontaneamente un licenziamento. Ovviamente quando si è protagonisti di queste ingiustizie si deve e si può denunciare il fatto, oggi andiamo ad analizzare in che caso si può ottenere il risarcimento. Il lavoratore che denuncia il proprio datore di lavoro o i colleghi per mobbing può ottenere il risarcimento del danno, ma soltanto se è in grado di fornire la prova certa dell’intento persecutorio che lega le varie condotte vessatorie subite. Precisando che come ulteriore prova i vari atteggiamenti, come demansionamento, rimproveri, eccessivo carico di lavoro, mancato riconoscimento di ferie siano tra loro uniti dallo stesso filo conduttore. In poche parole è necessario provare la volontà persecutoria e il piano vessatorio messo in atto dal datore di lavoro o dai colleghi.
Quando è veramente mobbing? La Cassazione chiarisce
Il lavoratore verrà risarcitato se sono presenti i requisiti del mobbing riscontrati tramite una serie di comportamenti di carattere persecutorio, evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente, il nesso causale tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità e infine l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi. Per la legge sono necessari tutte queste prove per avere tutti gli elementi idonei al riconoscimento della tutela risarcitoria.
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