Per molti professionisti che si trovano a metà o fine carriera, la prospettiva la pensione futura potrebbe non essere del tutto rosea, non garantendo l’assegno spettante un tenore di vita analogo a quello assicurato dal reddito, sebbene da parte delle Casse di previdenza non manchino iniziative volte ad accrescere l’assegno pensionistico.
Per capire a quanto corrisponderà la pensione, è possibile fare riferimento al tasso di sostituzione, particolare parametro che indica il rapporto tra l’ultimo reddito percepito e l’importo del primo assegno di pensione. Oggi, purtroppo, per molti professionisti questo valore è inferiore al 50%, una percentuale considerata troppo bassa.
Le Casse private offrono in molti casi la possibilità di incrementare il rendimento dei versamenti contributivi dei loro iscritti.
Un esempio è dato dall’EPPI, l’Ente di previdenza dei periti industriali, che tra gli obiettivi futuri si propone di adeguare gli assegni pensionistici all’ultimo reddito prodotto, non solo raddoppiando il tasso di sostituzione (passato dal 20 al 40%), ma anche raggiungendo il 60 o 70%. Come? Riversando nei montanti grosse somme con aliquota più elevata, fissata in questo caso al 18%.
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Le Casse a cui fanno riferimento i dottori commercialisti, i ragionieri e i biologi, invece, hanno incentivato i professionisti iscritti a versare in misura maggiore rispetto all’aliquota obbligatoria, al fine di rivalutare il montante rivalutato.
Inarcassa, infine, favorisce il versamento di maggiori contributi fin dall’inizio della carriera, consentendo il versamento di una contribuzione ridotta da parte degli iscritti e provvedendo ad aggiungere un contributo figurativo.