La famosa stretta sulle nuove Partite IVA inserita nella Manovra 2023 per scongiurare l’avvio di attività apri-e-chiudi fiscalmente a rischio frode, si concretizza in una serie di limitazioni a scopo deterrente nei confronti dei soggetti considerati a rischio.
Se nella formula definitiva della Legge di Bilancio è dunque uscita la responsabilità in solido dell’intermediario che presenta i documenti per l’apertura della Partita IVA che poi si rivela inadempiente dal punto di vista fiscale, nel testo finale della Manovra (comma 148 dell’art. 1) è rimasta – ed anche molto pesante – la clausola fideiussoria per la riapertura dell’attività una volta chiusa d’ufficio dal Fisco.
Nello specifico, i soggetti che intendono riaprire la Partita IVA dopo aver ricevuto un provvedimento di cessazione d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate per inesistente esercizio dell’attività, saranno soggetti all’obbligo di versamento di una cauzione triennale (polizza fideiussoria o fideiussione bancaria) pari ad almeno 50.000 euro.
Questo, nel momento in cui è scattata una procedura di verifica come quella adesso prevista. Si tratta di specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, all’esito delle quali si invita il contribuente a presentarsi di persona presso uno sportello delle Entrate per mostrare le scritture contabili oggetto dell’accertamento e dimostrare l’effettivo esercizio dell’attività che crea il presupposto della soggettività passiva IVA.
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Se non ci si presenta di persona e non si dimostra l’assenza dei profili di rischio, viene emanato un provvedimento di cessazione della partita IVA e irrogata una sanzione amministrativa di 3mila euro.