Le competenze digitali saranno sempre di più al centro dei processi di assunzione promossi dalle aziende, anche come conseguenza del crescente utilizzo delle tecnologie digitali che ha avuto come leva la crisi Covid-19.
Nel trimestre marzo-maggio 2020, ad esempio, il boom delle vendite via e-commerce ha testimoniato come la tecnologia possa essere il traino per uscire dalla crisi. E come sottolinea Confartigianato, sono proprio gli investimenti digitali delle imprese a determinare le competenze richieste dalla domanda di lavoro anche nelle micro e piccole imprese (MPI).
Con la ripresa economica che seguirà la recessione prevista per quest’anno, saranno dunque promossi nuovi investimenti finalizzati a sostenere la trasformazione digitale. Tuttavia l’Italia deve fare i conti con un gap rispetto al resto dell’Europa evidenziato dai dati del Digital Economy and Society Index (DESI) elaborato dalla Commissione Europea.
Nel 2019, la forza lavoro in Italia con competenze superiori a quelle di base è risultata riguardare una quota del 26,2%, molto inferiore al 38,7% della media UE, con un divario sempre più marcato negli ultimi quattro anni.
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Trend di investimento e profili professionali
Secondo l’analisi delle competenze digitali nelle imprese in Italia, a cura di Unioncamere e ANPAL (su dati del Sistema Informativo Excelsior), nell’ambito degli investimenti in tecnologie digitali più di una impresa italiana su due ha promosso investimenti tech nel quinquennio tra il 2015 e il 2019.
Analizzando i dati, nel 2019 le entrate previste nelle MPI sono state caratterizzate dalla richiesta:
- per il 58,6% di competenze digitali come l’uso di tecnologie internet e la capacità di gestire e produrre strumenti di comunicazione visiva e multimediale;
- per il 51,2% della capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici per analisi e organizzazione di informazioni qualitative e quantitative;
- per il 36,0% della capacità di gestire soluzioni innovative nell’ambito di ‘impresa 4.0’, applicando tecnologie robotiche, big data analytics, internet of things ai processi aziendali.
L’analisi per settore evidenzia come sia l’industria manifatturiera (22,3%) ad investire di più nella robotica, o che le Public utilities (energia, gas, acqua, ambiente) investono un po’ in tutti gli ambiti della trasformazione digitale (ad esclusione di robotica, Digital marketing e Big data), mentre più omogeneità per la sicurezza informatica.
Ovviamente, in tutti gli ambiti, la propensione agli investimenti in trasformazione digitale risulta e direttamente collegata alla dimensione aziendale. Nelle medie e grandi imprese il 60% circa investe in formazione digitale per le risorse umane, segue il 55,3% delle imprese tra i 50 e i 249 dipendenti, il 46,5% delle imprese tra i 10 e 49 dipendenti e il 33,1% delle microimprese.
Assunzioni
Il 70,3% delle imprese ha investito nella trasformazione digitale e di queste oltre il 40% ha posto attenzione verso il “capitale umano”. Il 37,8% ha dichiarato di aver investito nella formazione del personale e il 2,9% ha pianificato assunzioni.
Le figure digitali più richieste sono state: Application Developer (9%), l’ICT Account Manager (8%), il Business
Analyst (8%), il Digital Media Specialist (4%) e l’ICT Consultant (4%).
Le imprese che hanno assunto a seguito di investimenti in innovazione digitale rientrano soprattutto nel settore dei servizi (62%). Seguono gli altri settori industriali e costruzioni con il 17%, Informatica e comunicazioni con l’11%, Elettronica con il 2%.
Per approfondimenti, si rimanda all’analisi completa.