Internazionalizzazione, come competere

di Barbara Weisz

25 Giugno 2009 10:00

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Innovazione e creatività sono le chiavi del successo nel mondo interconnesso del terzo millennio. Le tesi esposte da Paolo Barzatta a un workshop per manager organizzato da Ferdmanager, Confindustria e Studio Ambrosetti

Competere sul mercato del terzo millennio significa essere internazionali. È un vero e proprio cambiamento, o comunque continuo aggiornamento culturale quello che si impone alle aziende, e a chi le dirige, perchè se fino a non moltissimo tempo fa l’internazionalizzazione era vissuta come un’opportunità dalle imprese, oggi è una vera e propria condizione necessaria per essere competitivi. Di questo ha parlato a metà dello scorso mese di marzo a Jesi, nelle Marche, Paolo Borzatta, consulente di chiara fama, davanti ai manager che hanno partecipato al workshop organizzato da Federmanager, Confindustria e studio Ambrosetti.

L’esperto ha analizzato il mercato segnalandone i cambiamenti e ipotizzando gli scenari futuri, per dare ai dirigenti indicazioni utili sul come riposizionare le imprese per competere meglio. E le nuove chiavi del successo sembrano essere creatività e innovazione. Si parte dal presupposto che globalizzazione significa vicinanza dei corpi e interconnessione culturale. In 20 anni il mondo ha visto cambiamenti profondi, passando da un sostanziale bipolarismo geopolitico all’attuale pianeta interconnesso. E in vista ci sono certamente altre novità, per esempio sul fronte tecnologico. Nel mondo, stiamo già studiando o applicando scoperte come un chip all’interno del sistema nervoso per comunicare telepaticamente, nanopinzette per creare nanocose, computer in polvere. Quale che sarà effettivamente il futuro, saremo sicuramente diversi da ora.

Per quanto riguarda il mondo degli affari, il consulente prevede che nel 2030 ci saranno quattro grandi capitali del pianeta, Londra, New York, Shanghai e Tokyo, seguite da una ventina di grandi “capitali regionali”, fra le quali potrebbero esserci Berlino, Casablanca, Città del Capo, Città del Messico, Francoforte, Giakarta, Hong Kong, Il Cairo, Kuala Lumpur, Los Angeles, Madrid, Mosca, Nuova Delhi, Parigi, Pechino, San Paolo, Sidney, Singapore, Teheran. Quindi, un centinaio di “capitali provinciali” e a seguire le altre città, definite “locali”. Risultato: competizione sempre più dura, non ci sono confini, ciò che non fai tu, lo farà un altro, il tuo mercato domestico non è proteggibile. E allora, la carta di successo saranno creatività ed innovazione.

Non a caso, il mondo si sta riempiendo di “posti caldi” per l’innovazione. Gli esempi di maggior spessore possono essere considerati la Biopolis di Singapore, la Cina che investe massicciamente su tutte le discipline nelle dieci principali università per diventare entro il 2020 un innovation driven country, la Aalto University in Finlandia, la fusione di tre atenei, economia, arte e desing, e tecnologia, con un miliardo di dollari di dotazione per diventare la prima “Innovation University”.

Le aziende, dunque, devono puntare sulla creatività, ed è proprio questo che impone una visione globale. La creatività è direttamente proporzionale al numero di idee diverse che ci ricevono, e le organizzazioni più innovative vengono considerate quelle più aperte al mondo. Il nuovo gioco competitivo si giocherà sull’innovazione, e il leader deve dirigere un’organizzazione che abbia accesso alle migliori risorse in assoluto su scala mondiale.