Una situazione politica maggiormente stabile, la nascita di un mercato comune, opportunità anche in settori ad alta potenzialità come l’information technology. Stiamo parlando dell’Africa, che si presenta sempre più come un’opportunità di investimento. In Italia il Ministero per lo Sviluppo Economico ha messo a punto un Piano Africa nell’ambito del quale nel 2009 sono state stanziate risorse per un miliardo di euro.
Di questi, 3,5 milioni messi a disposizione dallo stesso dicastero insieme all’Ice, l’Istituto per il commercio estero, per supportare l’attività di inserimento delle imprese italiane e la loro conoscenza degli investitori locali attraverso manifestazioni, fiere e incontri fra delegazioni dei vari paesi. Altri 90 milioni sono arrivati da Simest, Società italiana per le imprese all’estero, per sostenere gli investimenti nell’area, mentre Sace, Servizi assicurativi del commercio estero, ha fornito 700 milioni.
Altri partner di questo progetto sono l’ABI, Banca Intesa, Confindustria, Assocamere, Ance, Unioncamere, Comunità di S. Egidio, Assocamerestero, Confai. Nei primi mesi dell’anno sono state organizzate missioni in Etiopia, con particolare attenzione ai settori agro-alimentare, agricoltura, tessile, pelle/calzaturiero, costruzioni, ingegneria leggera, e in Tanzania, in settori come il turismo, agro-alimentare, ingegneria leggera, infrastrutture, trasporti, energia, telecomunicazioni. In luglio sarà il turno dell’Angola, dove ci sono 22 aziende italiane, e nella seconda metà dell’anno sono previsti appuntamenti in Congo, Malawi, Gabon e Mozambico.
La crisi, naturalmente, ha colpito anche l’Africa: secondo l’African Economic Outlook (pubblicato da African Development Bank, Development Centre dell’Ocse, commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa) dopo anni di crescita al 5%, il pil 2009 è al 2,8%, praticamente dimezzato rispetto al 5,7% previsto prima della crisi. Ma nel 2010 si stima un ritorno a un 4,5%. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le proprie cifre: i paesi subsahariani vedranno il prodotto interno lordo aumentare dell’1,5%, contro il 6,3% precedentemente indicato.
Ma bisogna considerare che si tratta di paesi che in molti casi sono usciti con successo da situazioni di grave conflitto. E proprio per far fronte alla crisi, lo stesso Fmi ha aumentato fino a 1,5 miliardi di dollari le risorse destinate al continente, il doppio dell’anno scorso. Anche la Harvard Business Review ha inserito gli investimenti in Africa fra i consigli di business per il 2009. Paul Collier, direttore del Centro Studi sull’Economia Africana di Oxford e Jean Louis Warnholz, ricercatore presso lo stesso istituto, hanno fatto notare come i propri studi su 954 compagnie africane quotate hanno presentato fra il 2002 e il 2007 un ritorno medio sul capitale fra il 65% e il 70%, superiore a quello dei competitors in Cina, India, Indonesia e Vietnam.
L’Africa è ricca di materie prime, ma ora punta anche su altri settori. Il Ruanda per esempio sta investendo nella crescita di informazion and communication technologies con l’ICT Park di Kigali, la capitale. E nell’ottobre dello scorso anno è nato il mercato comune africano, che raccoglie 26 stati, dalla fusione del COMESA (Mercato Comune dell’Africa Orientale e Australe), l’EAC (Comunità Economica Africana) e la SADC (Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale).