British gas, no al rigassificatore di Brindisi

di Carlo Lavalle

12 Marzo 2012 07:30

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Dopo undici anni sembra conclusa la vicenda del rigassificatore di Brindisi con uno stop definitivo al progetto da parte di British Gas.

Il rigassificatore di Brindisi non si farà. La British Gas, società controllata dalla BP British Petroleum, rinuncia alla sua realizzazione.

Con una dichiarazione al quotidiano economico Il Sole 24 ore, Luca Manzella, presidente e amministratore delegato di British gas Italia, spiega che la richiesta avanzata al governo italiano risale al novembre 2001, undici anni fa. L’impianto di rigassificazione, sostenuto da un investimento di 800 milioni di euro, avrebbe consentito l’immissione in rete di 8 miliardi di metri cubi all’anno di Gnl riportato allo stato gassoso, una quantità pari al 10% del consumo nazionale.

Per giustificare l’abbandono del progetto la multinazionale britannica fa riferimento alle lungaggini dell’iter burocratico autorizzativo. Manzella per dare conto della situazione fa l’esempio dell’impianto gemello a quello italiano costruito in Galles che in soli cinque anni dopo aver passato le verifiche di impatto ambientale e i controlli di natura amministrativa ha potuto entrare in funzione. In Puglia per ora si è riuscito soltanto ad avviare alcuni lavori con 250 milioni di euro già spesi e 20 dipendenti destinati ad entrare in mobilità.

Questa versione dei fatti però non corrisponde a quella del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. “I problemi con l’insediamento dell’impianto di rigassificazione nel porto di Brindisi – sostiene il governatore – non sono dipesi dalla lentezza della macchina burocratica, che va stigmatizzata, ma dalla pretesa della British di eludere le procedure di valutazione ambientale e di imporre, per il suo rigassificatore, un luogo da sempre e da tutti giudicato inidoneo. Una scelta quindi compiuta, caparbiamente, contro la sensibilità della comunità e contro tutti i pareri formali degli enti locali coinvolti: comune, provincia, regione”.

Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo economico, ha per intanto affermato di voler far luce sull’intera vicenda per verificare se la cessazione delle attività di Britsh gas sia responsabilità di procedure burocratiche bizantine inadatte ad un paese moderno o derivi da altre cause.