Con una lettera indirizzata al ministero dello Sviluppo Economico, la multinazionale svizzera Glencore si è ritirata dal gruppo di aziende pretendenti interessate a rilevare lo stabilimento Alcoa di Portovesme, dove si produce alluminio.
Contemporaneamente, sono state spedite le circa 120 lettere di mobilità destinate ad altrettanti lavoratori dell’azienda americana impiegate nelle ditte di appalto fornitrici del sito produttivo sardo. A partire da oggi, primo ottobre, è scaduto il contratto anche a una settantina di persone che svolgevano lavoro interinale e che pertanto non riceveranno il beneficio degli ammortizzatori sociali.
Ma le previsioni sono più fosche: se entro il 31 dicembre non si troverà nessuna azienda pronta a rilevare lo stabilimento – salvando dunque l’occupazione di circa un migliaio di persone residenti nei dintorni – l’Alcoa chiuderà inesorabilmente i battenti.
La motivazione ufficiale che ha scoraggiato Glencore è l’alto prezzo dell’energia elettrica che avrebbe dovuto pagare in loco: a fronte di una richiesta di 25 euro al chilowattora da parte del management elvetico, il ministero era riuscito a ottenere una proroga di agevolazioni che consentivano di spendere la cifra di 35 kw/h. Evidentemente troppi.
“Vogliamo sottolineare che con l’applicazione dei meccanismi illustrati arriviamo a un costo finale a 35 euro/megawattora, prezzo che si è rivelato insufficiente a garantire anche la continuità produttiva di Alcoa” ha scritto al ministero e al governatore Cappellacci il manager Glencore, Daniel Goldberg. Ci siamo ritirati dalla trattavtiva dato che l’attuale gestore dell’impianto, alle stesse condizioni, accumula perdite rilevanti che hanno portato alla decisione di chiudere lo stabilimento”.
Mentre i giorni passano, il governatore Cappellacci e il dicastero guidato da Corrado Passera (nella persona del sottosegretario De Vincenti) continuano nelle consultazioni con le aziende ancora in corsa, che sono la svizzera Klesche, la torinese KiteGen Research e un gruppo cinese di cui non è stato reso noto il nome.
Nel frattempo è giunta una critica da Susanna Camusso, la leader del sindacato Cgil che ha detto senza mezzi termini che sulla vicenda Alcoa “il ministero dello Sviluppo Economico ha effettuato troppi sbandamenti: se non ci sono soluzioni concrete e realizzabili per salvare l’azienda, deve essere compito del governo assumersi la responsabilità politica di non chiudere le imprese ma costruire condizioni successive”.