Il “downtime” – ovvero la momentanea indisponibilità dei dati critici per il business a causa di un fermo dei sistemi informatici – costa tempo e denaro alle aziende e può danneggiare gravemente la loro immagine. In Italia gli impatti negativi sui ricavi sono tuttavia modesti rispetto alla media internazionale. Il dato non deve però trarre in inganno: le perdite correlate al downtime, seppur spesso ingenti, vengono ancora facilmente sottovalutate.
E’ ciò che emerge dallo studio “Avoidable Cost of Downtime 2010”, commissionato da CA Technologies a Coleman Parkes e condotto su 1.808 organizzazioni in 11 Paesi europei (di cui 201 in Italia). Nel particolare, le imprese italiane sono soggette ogni anno a 11 ore di fermo dei sistemi informatici; se si prende come riferimento il totale delle aziende toccate dall’analisi, si raggiunge un ammontare pari a ben 140.000 ore.
Nel complesso, le organizzazioni italiane perderebbero ogni anno complessivamente oltre 425 milioni di euro a causa di inefficienti piani e strumenti di ripristino della normale operatività dovute all’interruzione dei servizi IT. Gran parte del downtime e dei costi ad esso associati sarebbe facilmente evitabili con un riesame delle strategie di disaster recovery.
A livello europeo, la media più elevata in termini di impatto negativo sui ricavi è stata attribuita alle società francesi con 499.358 euro all’anno, mentre, a sorpresa, l’Italia si è posizionata all’altro capo della classifica, con poco meno di 34.000 euro annuali.
Il divario tra l’Italia e altri Paesi europei ha diverse spiegazioni: innanzitutto, in Italia la percentuale di piccole e medie imprese è più elevata rispetto agli altri Paesi e il livello di adozione dei sistemi ERP e CRM è molto contenuto, inoltre, non sempre le PMI prevedono contratti basati su SLA (Service Level Agreement) per misurare l’impatto dei downtime sui ricavi, motivo per cui hanno una ridotta percezione dei rischi reali.
Secondo Annamaria Di Ruscio, Direttore Generale di NetConsulting, si tratta principalmente di rendere le aziende più coscienti del fenomeno: «le aziende devono maturare rapidamente la consapevolezza di essere all’interno di un ecosistema business sempre più digitale, nel quale il successo dipende dalla capacità di saper sfruttare appieno il potenziale dell’Information Technology e gestire efficacemente i sistemi mission critical. I fornitori hanno il dovere di supportare questo percorso evolutivo mettendo a disposizione strumenti, metodologie e metriche che aiutino ad aumentare la sensibilità e la consapevolezza delle aziende».