La suddivisione della clientela in piccolissimi gruppi composti da soggetti con caratteristiche omogenee è alla base dell’applicazione di tutti i moderni strumenti di marketing. Un tempo questa suddivisione prendeva il nome di segmentazione, oggi è di moda il termine clusterizzazione, dall’inglese cluster (grappolo). La clusterizzazione altro non è che una segmentazione più spinta: i cluster sono dei veri e propri micro-segmenti formati da un numero molto ridotto di clienti aventi caratteristiche tanto omogenee da poter essere considerati identici. I nostri clienti diventano come gli acini di un grappolo d’uva: pochi, molto simili e ben aggregati.
Ma a cosa serve la clusterizzazione? Serve a estremizzare la personalizzazione delle azioni di marketing. Pur essendo ancora impossibile azionare una combinazione di leve di marketing diversa per ogni singolo cliente, è possibile azionare tantissime combinazioni di queste leve, ognuna ritagliata ad hoc per un gruppo di clienti (il cluster appunto). Il segreto del successo è, quindi, creare dei micro-gruppi i cui componenti siano tanto simili da poter essere considerati identici. È pur sempre un’approssimazione ma è la migliore approssimazione possibile ed è, se ben condotta, assolutamente efficace.
Ma perché è tanto importante questa personalizzazione? La ragione va vista nello sviluppo del mercato globale e nella fortissima crescita dei cosiddetti “Paesi Low Cost”, quei paesi, simboleggiati dalla Cina, nei quali la produzione di massa ha costi bassissimi rispetto a quella occidentale. In un contesto siffatto, i paesi forti debbono puntare sull’innovazione e la tecnologia, abbandonndo la produzione di massa per un modello di produzione ad elevatissima flessibilità che possa sfruttare le nuove tecnologie allo scopo di fornire un prodotto diverso ad ogni cliente (o, meglio, ad ogni cluster di clienti) allo stesso costo del prodotto standard. Devono, in una parola, fornire un prodotto personalizzabile.
Naturalmente questo concetto riguarda tutte le leve del marketing: il prodotto in sé, il prezzo, il canale distributivo, la comunicazione. Il simbolo di una strategia siffatta è rappresentato dall’iPod che permette di creare una compilation con i brani preferiti indipendentemente dall’autore, dal genere, dalla casa discografica, dall’anno di pubblicazione.
In concreto, cosa può fare una piccola azienda italiana per rendere la sua offerta personalizzata? È una domanda alla quale non è possibile dare una risposta valida per tutti. In questa sede abbiamo deciso di concentrare l’analisi su aziende che utilizzano Internet come canale di vendita. Per prima cosa la nostra azienda deve avere ben chiaro:
- gli obiettivi della clusterizzazione;
- parametri da utilizzare per clusterizzare la clientela;
- le fonti dalle quali ottenere questi dati.
Riguardo agli obiettivi, la clusterizzazione deve essere “dinamica”. I grappoli, cioè, possono essere formati da clienti diversi a seconda dell’obiettivo della clusterizzazione perché diversi sono i parametri che utilizziamo per segmentare. E così il nostro cliente J potrebbe essere nello stesso cluster del cliente P se prendiamo in considerazione parametri come i tempi e le modalità di pagamento richiesti e la quantità di insoluti, ma in cluster diversi se prendiamo in considerazione le tipologie di prodotti acquistate e i tempi di consegna richiesti.
Come suddividere la clientela
Supponiamo che la nostra azienda manifatturiera venda i suoi prodotti tramite un e-commerce b2b e che abbia un’ampia gamma di prodotti. Supponiamo, inoltre, che il management abbia intenzione di verificare su quali clienti è possibile incrementare la quota di portafoglio (cosa da fare con una azione di Cross-selling). L’obiettivo della clusterizzazione è proprio questo.
Sulla base dell’obiettivo definiamo quali parametri (indicatori sia quantitativi che qualitativi) sono significativi per verificare se ci sono cluster di clienti per i quali è possibile attivare azioni di questo genere. Il parametro più semplice da prendere in considerazione sono gli acquisti, cioè la tipologia e il numero di prodotti ordinati da ogni cliente.
Un altro parametro potrebbe essere la profittabilità di ogni cliente, o ancora la tipologia di bisogni che i prodotti acquistati soddisfano, ma ce ne sono tanti altri che vanno individuati in relazione alle peculiarità della nostra offerta. A questo punto bisogna individuare le fonti (database) dai quali attingere questi dati e raggruppare i clienti in micro-segmenti omogenei. Il risultato tipico di un processo siffatto potrebbe essere il seguente:
- Esistono cluster nei quali non è possibile incrementare la quota di portafoglio.
I clienti di un cluster potrebbero compiere solo acquisti saltuari, quelli di un altro cluster potrebbero acquistare una gamma già molto ampia di prodotti, quelli di un altro cluster ancora potrebbero non lasciar trasparire tendenze di acquisto definite, etc. - Esistono cluster nei quali pur essendo possibile incrementare la quota di portafoglio, non è conveniente intraprendere azioni specifiche.
Un cluster potrebbe essere formato da clienti con basso livello di profittabilità, un altro cluster da clienti che potrebbero aver dimostrato di non gradire i prodotti sui quali l’azienda dovrebbe spingere, etc. - Esistono cluster nei quali è possibile intraprendere azioni per incrementare la quota di portafoglio ma queste azioni dovranno essere diverse.
I clienti di un cluster potrebbero essere sensibili alle promozioni, i clienti di un altro cluster potrebbero essere molto profittevoli e quindi potrebbe essere utile presentare i prodotti attraverso la forza di vendita o seminari organizzati ad hoc, o farli provare gratuitamente, etc.
Segmentare con l’e-commerce
Ma come è possibile fare tutto ciò attraverso il nostro e-commerce? È importante che il management abbia le idee chiare sin da quando commissiona il software alla web-agency. È necessario che la direzione aziendale definisca attraverso uno schema chiaro ed esauriente:
- quali obiettivi di clusterizzazione vuole perseguire: se sono molti, è opportuno definire delle priorità perché il costo di personalizzazione del software di e-commerce potrebbe crescere troppo rispetto ai reali benefici ottenuti
- quali parametri deve utilizzare: è opportuno che i parametri siano individuati dal management (o da un consulente di strategia) e non dall’account project della web-agency, che potrebbe essere portato a ragionare più in un’ottica di semplificazione del software che di benefici per l’azienda.
L’apporto dell’account project della web-agency è invece fondamentale nell’individuazione delle fonti da cui attingere i dati. Gli imperativi in questa fase sono due:
- 1.Evitare la duplicazione di dati: è necessario integrare l’e-commerce con gli altri software aziendali rendendo possibile l’importazione dei dati (ad esempio dal software di contabilità) per non appesantire i processi di acquisto dei clienti.
- 2.Personalizzare l’e-commerce in maniera tale che possa raccogliere i dati non disponibili in altri database: analogamente è necessario mappare i dati che sono necessari alla clusterizzazione ma non sono ricavabili da altri database e far in modo che sia l’e-commerce a raccoglierli e renderli disponibili ai nostri fini.
Solo attraverso un processo di implementazione definito in tutti i particolari è possibile perseguire l’obiettivo della personalizzazione delle offerte in maniera efficace. Ma attenzione a non porre troppa enfasi sui software: lo strumento informatico rende possibile la clusterizzazione attraverso l’incrocio dei dati, ma è l’uomo che deve decidere “come incrociarli” e “come interpretare” i risultati!