A pochi giorni dalla bufera sullo Scudo Fiscale ormai legge, il meccanismo “incentivante” per riportare in Italia i capitali evasi all’estero sembra riguardare più imprese del previsto, almeno secondo l’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec), che ha effettuato un sondaggio su un 1.300 professionisti rappresentativi della categoria.
Circa un terzo dei professionisti dichiara di avere clienti con denaro o immobili all’estero da “sanare”, mentre un quinto possiede azioni o partecipazioni finanziarie estere.
Per tutti, i tempi d’applicazione delle disposizioni dello Scudo fiscale troppo stretti: ricordiamo che la nuova scadenza è fissata per il 15 dicembre 2009.
Secondo il giurista Victor Uckmar: «l’anticipazione al 15 dicembre rischia di impedire molte operazioni di rientro. Consiglierei di far versare i liquidi enro la scadenza del 2009, ma di dar tempo fino al 15 aprile o anche oltre per fare le regolarizzazioni. Soprattutto per le attività fuori dall’Unione Europea che richiedono procedure più complesse e lunghe».
Sembrano inoltre essere in aumento le domande rivolte ai professionisti relativamente alla tipologia di beni da rimpatriare. Tra questi troviamo capitali, immobili e portafogli esteri mai dichiarati, ma anche grandi fattorie e ville, auto di lusso, opere d’arte e cavalli da corsa.
Le destinazioni più gettonate sembrano essere le banche svizzere o San Marino per conti, azioni e beni come gioielli e orologi; mentre per i beni immobiliari si preferisce la Francia.
Questa edizione dello Scudo-ter, rispetto alle precedenti, sembra dare una maggiore spinta all’adesione, dovuta alla maggiore paura di accertamenti fiscali ed il timore che questa potrebbe essere l’ultima possibilità per regolarizzare la propria situazione, considerando come, anche a livello internazionale, la lotta ai paradisi fiscali stia diventando sempre più efficace ed incisiva e l’inasprimento delle sanzioni.