Qualche giorno fa la Corte di Cassazione è dovuta intervenire in merito ad un’accusa mossa da un dipendente: il dirigente della sua azienda aveva effettuato l’accesso alla sua casella di posta elettronica. Per la Cassazione non vi è alcun dubbio: è stato garantito l’uso legittimo di uno strumento aziendale.
In particolare, la decisione sostenuta dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione è stata supportata dall’accordo aziendale sottoscritto dal dipendente in questione con il proprio datore di lavoro: il PC deve essere utilizzato esclusivamente per svolgere la propria attività lavorativa, e come tale può essere sottoposto al controllo dei propri superiori.
La decisione del Magistrato sembra aver preso atto di quanto disposto dal Garante della privacy il 1° Marzo 2007, in base al quale veniva stabilito che «i servizi di posta elettronica sono suscettibili di controlli che possono giungere fino alla conoscenza da parte dell’imprenditore del contenuto della corrispondenza».
I lavoratori, dunque, nel caso in cui vengano sottoposti a controlli di questo tipo, non possono fare molto. Unica “via d’uscita” è utilizzare password di accesso che possono essere eliminate solo con il consenso di chi le ha inserite. In questo caso, la ragione passerà al dipendente.