La Cassazione ha definito ieri l’utilizzo del cellulare aziendale per scopi personali come «un grave inadempimento contrario alle norme del comune vivere civile», riferendosi al ricorso di un impiegato Telecom che nel 2001 aveva ricevuto una lettera di licenziamento.
Il dipendente, dopo trent’anni di lavoro, era stato licenziato perchè l’azienda presso cui lavorava aveva scoperto che dal cellulare rilasciato per scopi di lavoro erano stati inviati un centinaio di SMS.
L’impiegato aveva fatto ricorso in Cassazione in quanto i messaggi erano stati spediti, in realtà, dal figlio.
La Cassazione non ha avuto dubbi e con la sentenza n.15334 ha stabilito che il licenziamento può scattare anche nel caso in cui il telefonino aziendale sia stato utilizzato da un familiare.
Con l’avvento di Internet e la diffusione delle tecnologie ICT, il datore di lavoro deve controllare ogni giorno i suoi dipendenti per evitare che utilizzino le applicazioni disponibili in ufficio per scopi personali.
Diverse ricerche dimostrano che la maggior parte degli italiani utilizzano la Rete per questioni che hanno ben poco a che fare con il lavoro e fanno uso del telefono fisso o mobile per effettuare chiamate a amici o parenti.
Il datore di lavoro in questo caso come può intervenire? Nel mese di marzo scorso il Garante per la privacy, attraverso un provvedimento, ha deciso di regolamentare i rapporti tra i dipendenti e i datori di lavoro per quanto rigurda l’uso di tecnologie ICT.
In particolare, il Garante ha stabilito che il datore di lavoro non può effettuare un controllo continuo e non esplicitamente dichiarato, ma il dipendente da parte sua non deve sentirsi libero di fare di ciò che vuole in quanto ai datori è concessa la possibilità di applicare azioni preventive.