L’Europa promuove i punti del piano italiano evidenziati dalla lettera del governo a Bruxelles. Ma soprattutto raggiunge l’accordo su un piano che, dal potenziamento del fondo salva stati alla ricapitalizzazione delle banche agli aiuti alla Grecia, porta la Ue «più vicina alla soluzione della crisi e a rimettersi sulla strada della crescita», per dirla con le parole del presidente della Commissione Josè Manul Barroso.
E, fra le decisioni prese dal vertice di Bruxelles (Consiglio straordinario a 27 seguito dall’Eurogruppo), c’è anche un embrione di governance comune di Eurolandia: Olli Rehn, il commissario agli Affari europei, avrà anche una delega specifica all’euro.
La reazione dei mercati è particolarmente positiva, con i listini che si avviano a chiudere la giornata con progressi del 4 e del 5%, trainati soprattutto dalle banche. In Italia, invece arriva la reazione particolarmente dura dei sindacati, soprattutto per la parte del piano (italiano) relativa ai licenziamenti.
Il piano: il ministro dell’euro
Ma andiamo con ordine, iniziando dal piano europeo anti-crisi. Di fatto, nasce quello che si potrebbe definire un ministero dell’euro. Al Commissario Olli Rehn, infatti, vengono ampliate le deleghe: diventerà «vice presidente della Commissione per gli Affari monetari e l’euro», spiega Barroso. Insomma, un «commissario con il compito specifico di occuparsi dell’euro» mossa che dimostra, secondo il presidente della Commissione, «che vogliamo una governance dell’euro che prenda forma sulla base di una struttura comune».
Il piano per la Grecia
Quanto alle misure tecniche che servono nell’immedato, è stato raggiunto l’accordo su Grecia e Fondo Salva Stati, su cui fino all’ultimo si erano scontrate le posizioni di Francia e Germania. Banche private, assicurazioni e in genere tutti i titolari di debito greco, tranne la Bce, accettano un taglio nominale dei titoli di Stato di Atene pari al 50%. In questo modo, il debito greco si riduce di 100 miliardi e il rapporto debito-pil dovrebbe scendere al 120% entro il 2020 (ora è al 160%). Entro la fine dell’anno dovrà essere raggiunto un accordo definitivo su un pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro.
Il fondo salva stati
Altro punto fondamentale del piano, il potenziamento del Fondo Salva Stati, che potrà arrivare a mille miliardi di euro. Questo potenziamento finanziario avverrà attraverso due strumenti: garanzie fino al 20% per le emissioni di bond dei paesi sotto attacco (credit enhancement), e la creazione di fondi ad hoc, garantiti dall’Efsf, per attirare investimenti internazionali (special purpose vehicles), ad esempio da Cina e Brasile.
Il capitale delle banche
Infine, le banche. Devono reperire capitali per un totale di 106 miliardi entro il giugno 2012. Questo, per rafforzarsi ed essere in grado di rispondere efficacemente alla crisi. L’indice di patrimonializzazione Coer Tier 1 richiesto è al 9%. Le banche italiane, nel complesso, devono raccogliere 14,7 miliardi. L’Eba, l’autorità bancaria europea, spiega che per perseguire questo rafforzamento di capitale le banche possono agire in tre modi: raccolta sul mercato privato, sostituire in portafoglio strumenti ibridi con capitale a più elevata qualità, e non utilizzare utili per distribuire dividendi e bonus.
Polemiche in Italia
Quanto all’Italia, il piano del Governo come detto è stato approvato, l’unica raccomandazione è di fare presto: «non è sufficiente assumere impegni, è necessario ora verificare se verranno realmente attuati» ha dichiarato Barroso. Questo mentre in Italia da una parte la polemica politica è già calda, con Berlusconi che si appella alle opposizioni, il leader del Pd Bersani che chiede emier di andare in aula ma sembra critico sui punti relativi alle riforme del lavoro, e con tanto di giallo interno alla maggioranza: il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non avrebbe firmato la lettera con cui l’Italia si è presentata al vertice di Bruxelles (ma questo non rapprsenta una frattura con la Lega, il cui leader Umberto Bossi si è espresso a sostegno del governo).
Dall’altra i sindacati sono sul piede di guerra per le misure sui “licenziamenti facili”, intorno alle quali sembra si ritrovi l’unità confederale: non solo la Cgil, ma anche la Cisl minaccia lo sciopero.