I drammatici eventi che recentemente hanno listato a lutto la cronaca, hanno indotto il nostro ordinamento ad attuare urgentemente provvedimenti volti a ridisegnare la materia in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
Lo strumento utilizzato è stato il decreto legislativo n.81 del 9 aprile 2008 (G.U. 30 aprile 2008, n.101) nel quale è previsto l’arresto fino a 18 mesi e sanzioni amministrative fino ad 24mila euro per il datore di lavoro inadempiente.
Tale provvedimento, che ha recepito la Direttiva Europea 2002/44/CE del 25.06.2002 (peraltro già recepita con il D. Lgs. 187/059 è espressione dell’ordinamento europeo: partendo dalla valutazione dell’elemento debilitante qual è lo stress (che potrebbe essere anche causato da mobbing), ha introdotto una norma di natura prevenzionale con due soglie di intervento:
- una inferiore (valore d’azione) che implica l’avvio di alcuni provvedimenti di base che fissano i requisiti minimi per la sicurezza e la salute dei lavoratori a tutela dell’eventuale insorgenza di patologie a loro carico;
- una superiore (valore limite) che, se superata, implica l’immediata adozione di provvedimenti atti a riportare l’esposizione al di sotto della soglia di allarme, avviando le operazioni atte a identificare le fonti di pericolo e ad adottare le contromisure più idonee al caso.
Le motivazioni che hanno mosso l’Agenzia Europea hanno trovato il loro fondamento anche nella consapevolezza che le Pmi, allo stato, rappresentano il 99% delle imprese europee e che impiegano almeno il 65% della manodopera, con una percentuale di rischio infortuni doppia rispetto a imprese più grandi.
La maggiore incidenza dipende soprattutto dalla difficoltà che le Pmi incontrano nell’adempimento degli obblighi in materia di sicurezza e salute a causa della carenza di conoscenze e risorse.
I fattori scatenanti? Innovazioni alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro; precarietà del lavoro; aumento del suo carico e del ritmo; elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori; violenza e molestie di natura psicologica; scarso equilibrio tra lavoro e vita privata.
Incidenza maggiore si registrerà a carico di quei soggetti che più recepiscono lo squilibrio tra richieste avanzate nei propri confronti e risorse a disposizione per farvi fronte.
Le sue caratteristiche possono riassumersi in due sfere di riferimento. Quelle inerenti il contesto lavorativo (scarsa comunicazione, mancanza di definizione di obiettivi, conflitti di ruolo, incertezza della carriera, retribuzione bassa, insicurezza dell’impiego, scarso valore sociale attribuito al lavoro, partecipazione ridotta al processo decisionale) e quelle inerenti il contenuto del lavoro (problemi di affidabilità, disponibilità o idoneità, manutenzione o riparazione di strutture e attrezzature, carico di lavoro eccesivo o ridotto, mancanza di ritmo sul lavoro, livelli elevati di pressione in relazione al tempo, lavoro a turni, orari di lavoro poco flessibili, imprevedibili o lunghi).
Tale stress da lavoro sarà oggetto di valutazione da parte del medico competente che dovrà occuparsi di: partecipazione alla valutazione del rischio; informazione e formazione; ascolto qualificato; riconoscimento del fenomeno in fase iniziale; diagnosi precoce degli effetti sulla salute; valutazione dell’eventuale relazione tra lavoro e disturbi lamentati; promozione di interventi al fine di modificare la situazione negativa.
La metodologia tramite cui giungere a una valutazione oggettiva si poggia su due strumenti, lo JCQ – Job Content Questionnaire (Karasek 1985, 1998) e l’ERI – Effort Reward Inbalance (Siegrist, 1996), finalizzati all’attuazione di strategie di gestione del rischio stress.
Esse mirano a ottimizzare l’organizzazione lavorativa e le modalità operative e comportamentali degli operatori (prevenzione primaria); raggiungere un alto livello di sorveglianza sanitaria e di attività di supporto (prevenzione secondaria); attuare interventi di compensazione, terapia e riabilitazione (prevenzione terziaria); monitorare e valutare le misure adottate con periodico riesame di tutto il processo.
Questo progetto assai ambizioso costituisce uno dei cardini fondamentali della direttiva quadro e delle altre direttive in tema di sicurezza e salute sul lavoro il quale, tra l’altro, mira a ridurre i costi sostenuti dalle aziende a titolo di congedi per malattia, costi assicurativi, calo della produttività, rotazione dei lavoratori, demotivazione dei lavoratori, perdita di competitività.
La campagna 2008 – 2009 Eu – Osha (Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) promuove un processo gestionale integrato, per dimostrare che la valutazione dei rischi non è necessariamente complicata, essendo finalizzata a rendere più agevole ai datori di lavoro gli interventi volti ad eliminare o controllare rischi sul lavoro.
Le Micro e Piccole imprese stanno vivendo tale trasformazione in maniera piuttosto traumatica, date le difficoltà derivanti dal sottodimensionamento delle stesse a fronte dell’impegno organizzativo previsto dal D. Lgs. n°81/08.
Innanzitutto, occorre evidenziare che a tutt’oggi lo stress da lavoro è un concetto astratto: le Pmi lo ricollegano ad atteggiamenti individuali e a problemi caratteriali astraendolo dal contesto relazionale e tecnologico. Inoltre, se esistono categorie di stressor (fattori di stress) positive, è chiaro che ve ne sono anche di negative.
Ecco perchè all’interno delle Pmi, la normativa in questione finisce spesso per venire approcciata in maniera errata, non valutando l’elemento stress come fattore di rischio sul lavoro.
Senza il giusto contesto organizzativo (datore di lavoro, responsabile del servizio di prevenzione, medico competente e consultazione del rappresentante dei lavoratori), anche la parte più prettamente tecnica realizzata con il contributo degli psicologi e di altri esperti può perdere totalmente di significato.
La valutazione che si chiede alle Pmi, infatti, non ha lo scopo di dimensionare il fenomeno bensì di porre in atto misure ancora più idonee al caso. Dissociando questo percorso – peraltro non facile data la complessità dei questionari o la genericità delle direttive – dall’attuazione degli adempimenti, si commette uno dei più frequenti errori, anche se è comprensibile la difficoltà di calare in una piccola azienda la complessa organizzazione prevista dalla normativa.
Molto spesso, nelle Pmi il responsabile del servizio di prevenzione è anche il datore di lavoro che, in virtù di quanto disposto degli artt. 17 co. 1 lett. a) e 28, dovrebbe effettuare la valutazione dei rischi ed elaborare documento e oggetto di valutazione dei rischi, per cui l’assorbimento delle sue energie nello svolgimento della funzione principale va a discapito di quella di responsabile.
A tale riguardo, non bisogna trascurare un altro rischio: incappare, anche involontariamente, nel reato di “omessa valutazione dei rischi”. Per scongiurare il rischio, è necessario attuare la corretta procedura.
Essa prevede la compilazione di un DVR (Documenti di Valutazione dei Rischi) che, ex art. 17 co.1 Lett. a) del decreto in argomento, deve riportare data certa, contenere una relazione sulla valutazione dei rischi in base a criteri chiaramente descritti, contenere l’indicazione delle misure di prevenzione e attuazione dei dispositivi adottati ed indicare le mansioni esplicate dai lavoratori esposti a rischi per i quali sarebbe richiesta una specifica professionalità, esperienza, formazione e addestramento.
Tale documento, da conservarsi presso l’unità produttiva di riferimento, deve essere compilato in collaborazione con RSPP, medico competente e RLS, a seguito di continuo e ininterrotto interfacciamento, e dovrà essere aggiornato in caso di: modifiche significative agli effetti della salubrità del processo produttivo od organizzativo, infortuni di una certa importanza, evidenze derivanti da sorveglianza sanitaria.
Uno scenario procedurale molto complesso per l’azienda, ma anche per gli altri attori coinvolti: spesso la figura del rappresentante dei lavoratori o manca o è territoriale, oppure non ha alle sue spalle un numero di lavoratori tale da garantirgli fattiva rappresentanza; inoltre, anche la figura del medico competente non appare in sintonia con le previsioni legislative, visto che spesso non ha la frequentazione necessaria per conoscere a fondo il contesto in cui dovrebbe operare.
Attualmente, quindi, in conseguenza dello scollamento tra modello legislativo e realtà oggettive, l’attuazione del testo appare molto ostica e necessiterebbe di una sostanziale semplificazione a livello applicativo e culturale. Il legislatore, consapevole della farraginosità della normativa, ha comunque previsto alcuni temperamenti rivolti alle piccole realtà che, in caso contrario, non riuscirebbero loro malgrado a conformarsi alla legge.
Di fatto, nel D. Lgs. 81/08 è prevista l’autocertificazione della valutazione dei rischi per le aziende che occupano fino a 10 lavoratori. Questa disposizione scadrà il 30 giugno 2012, quando saranno introdotte in maniera definitiva le procedure di standardizzazione per la predisposizione del documento in argomento che, elaborate dalla Commissione consultiva permanente per la sicurezza, terranno conto dei profili di rischio e degli indici infortunistici di settore. In tal modo, si è voluto riproporre ciò che già era stato previsto nel D. Lgs. n.626/94.
Resta, comunque, un altro aspetto dai tratti alquanto indefiniti: la modalità per attribuire datazione certa del DVR, in merito alla quale il decreto non si è minimamente espresso. In soccorso vengono le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali di cui al provvedimento del 5 dicembre 2000, nel quale si fa espresso riferimento all’autoprestazione di cui all’art. 8 D. Lgs. n.261/99, con apposizione del timbro direttamente sul documento avente corpo unico mediante richiesta ad un qualsiasi ufficio postale della certificazione dell’esistenza di un documento in una certa data, servizio disciplinato dalla disposizione di servizio n.93 del 06.09.2007.
Ferma restando la proroga al primo settembre 2009 dell’adeguamento del DVR alle nuove indicazioni del Decreto, così come previsto dalla L. n°129/08 del 02.08.08, si resta in attesa di maggiori chiarimenti sul punto affinché gli operatori possano agire con maggiore cognizione di causa.