Continua in Italia la piaga del lavoro sommerso, secondo i dati ISTAT: già nel 2005 il suo peso medio era tra il 16,1% e il 17,8% dell’economia, con punte estreme per i settori alberghi e
ristorazione dovi si arriva a quota 56,8%. Lavoro in nero anche nei settori Istruzione, Sanità e altri servizi sociali (36,8%), Trasporti e Comunicazioni (33,9%), Commercio (32,1%) e Servizi alle imprese (21,5%).
Nel complesso, l’Industria registra quota 11,7%, 28,4% per le costruzioni a cui seguono in ordine tessile, abbigliamento, pelli e calzature con il 13,7%, altri prodotti industriali con l’11%, alimentari, bevande e tabacco con il 10,7%.
Le performance migliori sono da attribuirsi al settore di elettricità, gas e acqua dove la quota si assesta su di un buon 1,8%. Abbastanza bene anche credito e assicurazioni con il 6,4%. Doveroso citare anche lo 0% ottenuto dalla pubblica amministrazione.
I dati sono stati forniti agli esperti che lavorano nella commissione per la riforma fiscale e che si occupano di “economia non osservata e flussi finanziari” per la riforma fiscale.
Ildirettore generale FIPE, Edi Sommariva, ha commentato duramente i sorprendenti dati dichiarando: «stando ai dati ufficiali INPS ci sono 700mila dipendenti e a 300mila indipendenti, secondo le cifre della commissione in realtà la forza lavoro è di circa un milione e seicentomila persone «, cioè quanto la manodopera del canale horeca (hotel, ristoranti e caffè) di Francia e Spagna messe assieme. Davvero poco credibile».
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