È entrata in vigore la legge 183/2010, ovvero il tanto discusso Collegato Lavoro che porta con sé novità significative, positive e negative. Tra queste ultime, l’impugnazione dei licenziamenti nei contratti di lavoro a tempo determinato e atipici e la cancellazione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, che diventa facoltativo.
Per chi intenda fare causa all’ex-datore di lavoro, la finetsra temporale è limitata a 60 giorni. Dopo di che non si potrà rivendicare più alcun diritto, non solo per i contratti a tempo determinato a anche per quelli atipici.
Dunque per i precari oltre al danno anche la beffa. Come se non bastasse la quasi assenza di diritti che questo tipo di contratti presenta ora arriva la penalizzazione anche sul fronte processuale, perché viene reso quasi impossibile per i lavoratori fare causa alle aziende e impugnare il contratto.
Basta pensare alla più classica delle situazioni: al dipendente atipico scade il contratto; tipicamente passano un paio di mesi perché questo venga rinnovato, al termine di questo periodo il datore di lavoro non lo rinnova. A questo punto per il lavoratore è impossibile fare causa perché sono passati i 60 giorni previsti dalla legge. In più la regola de 60 giorni vale anche per i licenziamenti orali.
Nel caso di contratti multipli stipulati con la stessa azienda, il 60 giorni fanno sì che solo l’ultimo possa essere impugnato e con minori probabilità di riuscita.
A sfavore dei precari anche la certificazione del rapporto di lavoro presso apposite commissioni e la clausola del ricorso all’arbitrato in caso di impugnazione.
Supponendo poi che il lavoratore riesca a fare causa al suo ex-datore e che la vinca, non gli sarà più riconosciuto il mancato guadagno per tutti gli stipendi in cui è rimasto a casa, bensì l’indennità andrà da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità, anche nel caso in cui la causa durasse degli anni.