I laboratori della ricerca universitaria entrano in relazione con le esigenze della produzione e sfidano il mercato introducendovi nuovi prodotti.
È quello che emerge da un’indagine condotta dall’Ipi (Istituto per la promozione industriale), che ha analizzato il fenomeno degli spin-off della ricerca pubblica. Dal 1993 al 2006 i laboratori hanno dato vita a 432 imprese che utilizzano in forma industriale le scoperte realizzate nelle università. Ma sono stati gli ultimi quattro anni quelli segnati dai risultati migliori.
«Assistiamo a una crescente valorizzazione industriale dei risultati della ricerca da parte degli Atenei e dei centri specializzati – afferma il professor Riccardo Gallo, che ha guidato l’inchiesta – Questo fenomeno è positivo perché avvicina in modo operativo il mondo della ricerca e quello delle imprese».
A confermare i dati raccolti c’è anche il numero dei progetti presentati dalle università per partecipare al programma per l’avvio di imprese operanti in settori ad alta tecnologia istituito dal Ministero per lo Sviluppo Economico (legge 388/00): 109 sono stati i progetti presentati al bando del 2005, contro gli appena 22 del 2001.
Due terzi delle imprese spin-off si trovano al Nord, come anche il maggior numero di Atenei che hanno prodotto idee diventate prodotti: il Politecnico di Torino, l’Istituto Nazionale per la Fisica di Genova e l’Università di Bologna.
Informatica, energia, elettronica e biotecnologie sono i principali settori di apllicazione delle scoperte effettuate.
Dall’indagine, però, emerge anche la mancanza di capitali disponibili per l’avvio di queste nuove iniziative e il lancio dei prodotti sul mercato. Inoltre le imprese create non riescono ad assumere un profilo internazionale, restando spesso di piccole dimensioni.